Emily bevve un ultimo sorso del caffè decaffeinato e posò la tazza sul tavolo della cucina. Aveva dormito profondamente, ma si era svegliata sentendosi intontita – in parte perché la sveglia era stata impostata un’intera ora prima dell’orario a cui si era abituata nel corso dell’estate – e avrebbe proprio beneficiato di un po’ di caffeina vera. Probabilmente era la cosa che più di tutte non vedeva l’ora di riavere, una volta arrivata la piccola Charlotte, la cosa che le mancava e che desiderava di più. Osservò con invidia Daniel bere il suo caffè dall’altra parte del tavolo della cucina.
“Okay, tesoro,” disse alla fine Emily guardando Chantelle. “È ora di andare a scuola.”
Chantelle era seduta con la testa piegata su una pila di ingranaggi di orologio, la lingua che le usciva dall’angolo della bocca, concentrata. La scodella di cereali vuota le stava accanto, abbandonata a casaccio in modo da poter proseguire con la sua missione.
“Non posso avere altri cinque minuti?” chiese, così assorbita dal suo lavoro da non alzare nemmeno lo sguardo. “Devo solo capire dove mettere questo ingranaggio.”
Da quando erano tornati dall’Inghilterra, Chantelle era stata determinata a fare un orologio come nonno Roy. Emily pensava che fosse molto dolce che Chantelle fosse così ispirata dal nonno, ma le spezzava il cuore allo stesso tempo. Lei e Daniel non avevano ancora dato a Chantelle la notizia della malattia di nonno Roy; la ragazzina sarebbe rimasta totalmente devastata dalla sua morte. Tutti quanti ne sarebbero rimasti devastati.
Daniel allora prese il comando. “No, mi dispiace, tesoro. Devi arrivare in tempo per incontrare la nuova insegnante e i nuovi compagni di classe.”
Chantelle mise giù il cacciavite con un sospiro riluttante. “Va bene.”
Emily avrebbe voluto riuscire a convincere Chantelle a fare il suo sporco e unto lavoro in un posto più appropriato – in garage, nel capanno, o in qualunque altro posto che non fosse il tavolo della cucina, a dire il vero. Ma Chantelle non la stava a sentire. Nonno Roy aggiustava gli orologi al tavolo della colazione, perciò doveva fare così anche Chantelle!
Andarono tutti al furgoncino, Daniel prese posto sul sedile del conducente dato che Emily trovava troppo scomodo mettere la pancia che continuava a crescere dietro al volante. Chantelle montò su quello posteriore, sul suo sedile.
“Non vedo l’ora che la piccola Charlotte venga con noi a scuola,” disse guardando il seggiolino che avevano appena installato (su richiesta di Amy, ovviamente, perché non si può mai sapere quando la bambina deciderà di arrivare, e l’ultima cosa che avrai voglia di fare durante la dolorosa morsa delle contrazioni sarà armeggiare con un complicato seggiolino).
“Anch’io,” disse Emily posando le mani sulla pancia tesa. Sembrava farsi sempre più scomoda a mano a mano che i giorni passavano.
“Prima verrà solo per il giro in macchina, ma non ci vorrà molto perché varchi quelle porte con te,” disse Daniel con una risatina. “Andrà all’asilo prima ancora che ce ne accorgiamo.”
Emily si fece assorta al pensiero. Sapeva che cosa voleva dire Daniel, che il tempo scorreva veloce, che avrebbe dovuto apprezzare ogni momento perché sarebbe scomparso come sabbia in una clessidra. Ma il futuro a cui Daniel alludeva era anche un futuro in cui suo padre sarebbe stato morto da tempo. Non ci sarebbe stato quando Charlotte avrebbe cominciato l’asilo. Non avrebbe mai viso le molte foto che Emily avrebbe scattato della due bambine che andavano a scuola insieme, mano nella mano. Quel futuro, anche se da una parte non vedeva l’ora di viverlo, sarebbe anche stato carico di dolore dall’altra. Lei sarebbe stata una persona diversa, cambiata irreparabilmente dalla perdita di Roy.
Percorsero le familiari strade di Sunset Harbor e svoltarono nel parcheggio della scuola. Era già pienissimo di genitori impazienti di depositare i figli dopo la lunga pausa estiva.
“È Bailey!” esclamò Chantelle indicando il punto in cui la sua migliore amica giocava sull’erba. I capelli castano ramato solitamente ribelli di Bailey erano stati acconciati in due lunghe trecce. Emily non aveva mai visto il suo look tanto presentabile. “Ma con chi è?” aggiunse Chantelle.
Bailey stava giocando con una bambina sconosciuta, una pallida ragazzina magrissima dai lunghi capelli biondi lisci.
“Non lo so,” disse Emily. “Non l’avevo mai vista.”
Daniel parcheggiò e smontarono dal pick-up. Emily notò Yvonne appoggiata contro la sua quattro per quattro a chiacchierare con Holly, un’altra delle madri che conoscevano.
“Perché non vai a salutarle,” le disse Daniel. “Io posso supervisionare e occuparmi del passaggio di insegnante.”
Emily ci rifletté su. Voleva conoscere la nuova insegnante, ma era bramosa di riconnettersi con le amiche della cui compagnia aveva sentito la mancanza durante l’estate.
“Sarò velocissima,” gli disse, togliendo con una mano la sicura alla portiera e aprendola.
Daniel fece una risatina e partì in direzione dei gradini dove si erano riuniti tutti gli insegnanti a supervisionare la mattinata di giochi.
Emily andò da Yvonne e abbracciò forte l’amica. Poi abbracciò anche Holly.
“Com’è andata l’estate?” chiese Emily.
Holly allora arrossì. Yvonne sembrava trattenere un sorrisetto.
“È andata benissimo,” disse Holly a Emily. “Io e Logan abbiamo portato i bambini a Vancouver da parenti.”
“E…” la incalzò Yvonne.
Emily si accigliò, facendo passare lo sguardo da una donna all’altra.
“E…” disse Holly diventando sempre più rossa. “Sono incinta.”
Emily sgranò gli occhi. “Scherzi!” esclamò.
Holly scosse la testa. Aveva un’aria timida ma elettrizzata.
“Sono felicissima per te,” esclamò Emily abbracciandola di nuovo. “I nostri bambini potranno giocare insieme.”
“Insieme a Robin,” aggiunse Holly facendo riferimento al nuovo figlio di Suzanna, che aveva due mesi appena.
“Possono fare una piccola gang,” aggiunse Emily con una risata.
Yvonne allora si intromise. “Uffa, sono gelosa. Vorrei averne un altro.”
“Era pianificato?” chiese Emily a Holly. “Arrossisci come se non lo fosse!”
“No,” le disse Holly. “È stata una sorpresa. Bella, ma Minnie non ha ancora un anno, perciò non pensavamo neanche che fosse possibile! Però a Vancouver i bambini sono stati assaliti dai parenti e siamo riusciti a riposare e a concederci degli appuntamenti romantici e, be’, una cosa tira l’altra.”
Risero tutte. Emily era felice di essere tornata nella compagnia di alcune amiche tra i genitori della scuola. Anche se Yvonne era decisamente tra le sue migliori amiche, così come Suzanna, in minore entità, il cerchio più ampio degli amici genitori era molto dipendente dal contesto. Capì allora di aver sentito la mancanza della loro compagnia, di aver sentito la mancanza di avere delle persone con cui condividere le difficoltà e le tribolazioni dell’essere genitore.
“Guardate la mia piccola Bailey,” disse quindi Yvonne gettando uno sguardo al campo da gioco. “Sta prendendo la nuova ragazzina sotto la sua ala.”
Emily allontanò lo sguardo e vide le due schizzare per il cortile. Chantelle, si accorse, non stava giocando con loro. Era invece con i maschi, Toby, Levi e Ryan, impegnata in un ben più grezzo e disordinato tipo di gioco. Si chiese perché non stessero giocando tutti insieme.
Sottovoce Yvonne sospirò, “Spero che non la inviti a giocare a casa nostra, però. Stamattina ho conosciuto la madre. Ha un’aria acida come la figlia. E la bambina si chiama Laverne.”
Emily non poté evitare di ridacchiare. Era bellissimo essere tornata con le sue amiche madri, di nuovo ai cancelli della scuola. L’ultima volta che l’aveva fatto era stato tutto nuovo e strano. Chantelle era sbucata dal nulla e aveva stravolto la vita di Emily. Ma adesso non avrebbe cambiato nulla. Diventare madre era stata l’esperienza migliore della sua vita, e adorava quella sensazione, le opportunità che le aveva dato, e le persone che così aveva conosciuto.
Allungò lo sguardo e vide avvicinarsi Suzanna, il piccolo Robin assicurato al petto, i piedini che sobbalzavano a ogni passo che faceva. Così sarebbe stata presto lei, realizzò Emily, il cuore che si gonfiava al pensiero – sia di entusiasmo che, anche, di ansia. Charlotte avrebbe cambiato di nuovo tutto, proprio come aveva fatto Chantelle. E non ci sarebbe stato Roy a sostenerla attraverso tutto quanto. Ma facendo passare lo sguardo da Suzanna a Yvonne a Holly, seppe di avere le migliori persone al mondo accanto, a guardarle le spalle. Poteva farcela. Poteva fare tutto con le sue amiche a sostenerla.
A quel punto si accorse di essersi fatta assorbire così tanto dalla riunione con tutte le sue amiche da aver perso il senso del tempo.
“Farei meglio ad andare a conoscere la nuova insegnante,” disse loro voltandosi per andare alle scale.
Però, proprio facendo così, si accorse che Daniel le veniva incontro. Stava guardando l’orologio con espressione allarmata.
“Daniel!” esclamò Yvonne entusiasta.
“Ciao a tutte,” disse arrivando furtivo al gruppo di mamme. “Temo di non poter fermarmi a chiacchierare, devo tornare al lavoro.” Si voltò verso Emily. “Ti porto ancora da Joe?”
“Posso presentarmi all’insegnante prima?” chiese Emily.
Daniel guardò teso l’orologio. “Uhm… be’…” disse, un po’ confuso.
Emily percepì che chiaramente voleva fare una buona impressione con la sua nuova posizione più importante al lavoro. Decise di lasciar perdere e di non far clamore.
“Non ti preoccupare,” gli disse cedendo. “Posso conoscere la nuova insegnante quando la vengo a prendere.”
Salutò ognuna delle amiche, triste di essere strappata via dalla loro meravigliosa compagnia, e andò al pick-up con Daniel.
“Ci aggiorniamo presto,” urlò dietro una spalla salutandole con la mano mentre montavano.
Chiudendo la portiera, Emily si voltò verso Daniel. “Ricordami di non prendere appuntamenti con Amy nei giorni in cui c’è scuola. Almeno non finché non riesco a rimettermi dietro al volante della mia macchina!”
Le mancava la libertà che aveva prima della gravidanza. Perdere l’incontro con l’insegnante la faceva sentire malissimo. Sperò che la cosa non le avesse fatto fare una brutta impressione. Non voleva sembrare un genitore non interessato, distratto ed egocentrico.
Daniel uscì dal parcheggio, puntando alla città.
“Allora, l’insegnante com’è?” gli chiese Emily.
“Signorina Butler,” la informò Daniel. Si strinse nelle spalle, come se non vi avesse fatto molta attenzione. “Sembra un po’ più severa rispetto alla signorina Glass. Un po’ più vecchia, un po’ più spigolosa.”
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