Читать книгу «Per Te, per Sempre » онлайн полностью📖 — Sophie Love — MyBook.
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“Sono stanca,” disse Chantelle con uno sbadiglio mentre risalivano pigramente il vialetto.

Davanti a loro c’era la locanda, un’ombra contro il cielo azzurro che si scuriva. Le finestre splendevano di luce gialla, sembrando brillanti stelle in lontananza. Emily sorrise, soddisfatta. Vedere la locanda le dava sempre un senso di pace, e la faceva sentire a casa.

“Prima ceniamo, e poi puoi salire in camera tua,” disse Emily. “Domani è il primo giorno di scuola dell’anno, perciò devi fare una bella notte di sonno.”

Chantelle sembrava un po’ triste. “L’estate è già finita?”

Emily annuì. “Temo di sì, tesoro. Però non ti preoccupare, tu adori la scuola! Vedrai Bailey e Toby di nuovo ogni giorno. E Gail.”

“La signorina Glass sarà ancora la mia insegnante?” chiese Chantelle.

Emily scosse la testa. “Sarai in una nuova classe con una nuova insegnante. Ti preoccupa?”

Chantelle si bloccò, e l’espressione chiariva che ci stava riflettendo su. “No,” disse alla fine. “Vedrò comunque la signorina Glass in giardino, a volte.”

Emily sorrise, poi colse lo sguardo di Daniel. Sorrideva anche lui.

Entrarono nella locanda, l’atrio luminoso, caldo, e accogliente. Bryony era nel salottino di lato sul suo divano preferito, circondata da tazze di caffè mezze vuote come la solito. Balzò su quando li vide, i braccialetti di metallo tintinnarono, e si precipitò da loro. Il suo profumo odorava di spezie.

“Ragazzi, non ci credo!” disse, tutta agitata. “Un’isola!” Abbracciò Emily. “Lo sapete quante poche isole ci sono nel mondo alberghiero? Sarà una miniera d’oro!”

“Sono contenta di sentirlo,” rispose Emily. “In caso contrario avremmo fatto un errore molto costoso.”

Daniel e Chantelle andarono in cucina a preparare da mangiare. Emily decise di salire nella stanza della bambina mentre loro cucinavano. Voleva studiare un altro degli scatoloni di Charlotte per vedere se c’erano giocattoli che potesse passare alla piccola.

Entrò nella stanza e sedette sul pavimento accanto a una delle molte scatole che contenevano i vecchi giocattoli e vestiti di sua sorella, che erano stati portati giù dalla soffitta, dove erano stati accuratamente immagazzinati.

Questo compito era sempre venato di malinconia. Anche se Emily sentiva che lo spirito di Charlotte si trovava con lei in quella casa, a guardar giù e sorridere a lei e alla famiglia che si era costruita, sembrava sempre un po’ come se sparisse di più ogni giorno che passava. Il tempo avrebbe dovuto lenire il dolore, ma a Emily pareva che più giorni passassero senza la sorella più le mancasse, perché l’ultima volta che si erano parlate era un po’ più lontano nel passato.

Aprì la scatola di cartone, un odore di polvere ne uscì. Come la maggior parte degli scatoloni, questo era pieno di peluche. Emily fu sorpresa di vedere che Charlotte aveva avuto così tanti giochi di pezza. Aveva a malapena ricordi della sorella che giocava con orsacchiotti o bambole. Trascorrevano la maggior parte del tempo immaginando mondi e recitando storie. A parte le bambole di pezza gemelle e l’orsacchiotto preferito di Charlotte, Andy Pandy, Emily non ricordava che avessero mai giocato con giocattoli del genere.

Ma quando si allungò per estrarre un giocattolo rosa sbiadito, Emily sentì l’improvviso insorgere di un ricordo. Rivoltò il gioco nelle mani e vide che era un unicorno, col corno un tempo brillantemente paillettato ormai opaco.

“Brillantini,” mormorò a voce alta, il nome del giocattolo le apparve sulla lingua ancor prima che la testa si fosse messa in moto.

Poi improvvisamente provò una sensazione familiare di vertigini, che non sentiva da molto tempo. Stava scivolando nel passato, nei suoi vecchi ricordi.

I flashback erano cominciati la prima volta che era tornata alla locanda. All’inizio erano stati terrificanti, spaventosi ricordi come quello della notte in cui era morta Charlotte e quelli dei litigi sempre più violenti tra i suoi genitori. Però poi, a mano a mano che il tempo passava, a mano a mano che processava quei ricordi repressi, Emily aveva cominciato a sperimentarne alcuni di più piacevoli. Volte in cui lei e Charlotte avevano giocato insieme; erano state spensierate. Questo ricordo riempì Emily di una sensazione di calma, e seppe che sarebbe stato un ricordo bello.

Lei e Charlotte erano in soffitta, in una delle stanze che suo padre aveva riempito di antichità. Sul pavimento accanto a loro c’era un mappamondo di bronzo, e Charlotte lo faceva ruotare pigramente con un dito. Seduta vicino a Charlotte c’era Brillantini, il bellissimo unicorno giocattolo. Nuovissimo, di un soffice rosa, con un corno paillettato.

“Brillantini è triste,” disse Charlotte a Emily.

“Perché?” chiese Emily curiosamente, udendosi uscire dalla gola una voce da bambina.

“Perché lei è l’ultimo unicorno,” spiegò Charlotte. “Non ha nessun altro amico unicorno.”

“È una cosa triste,” rispose Emily. “Perché non la porti all’avventura per tirarla su di morale?”

Charlotte parve riprendersi al suggerimento. “Dove vuoi andare, Brillantini?” chiese al giocattolo. Poi fece girare il mappamondo dorato e lo fermò puntando un dito. Era un’isoletta a est del continente americano. “Brillantini vuole andare su un’isola,” informò Emily.

Emily annuì. “In questo caso, faremmo meglio a salire in barca.”

Recuperarono delle vecchie sedie e dei tavoli da caffè, agitando la polvere e sollevando odore di muffa, poi le sistemarono in modo che soddisfacessero la loro fantasia di aver costruito una barca. Poi usarono una logora tenda come vela e si arrampicarono sulla barca con Brillantini.

Emily sentiva quasi il vento nei capelli mentre navigavano per l’oceano verso una spiaggia lontana. Charlotte usava un caleidoscopio come telescopio, scrutando la stanza come alla ricerca di qualcosa.

“Terra!” urlò improvvisamente.

Emily gettò l’ancora – che in realtà era una gruccia di legno per cappotti legata a una corda della tenda. Poi smontarono dalla barca e nuotarono fino alla spiaggia.

Ansimando dalla fatica, le due bambine si misero a esplorare l’isola, facendo capolino tra le cataste di oggetti antichi, fingendo che fossero un vulcano.

“Guarda qui dentro,” urlò Charlotte a Emily. “Dentro al vulcano!”

Emily scrutò dietro all’appendiabiti che Charlotte stava indicando. “Non ci credo!” esclamò, stando al gioco.

Charlotte aveva gli occhi sgranati. “È il resto degli unicorni,” disse. Poi parlò rapidamente a Brillantini. Le crollò la faccia. “Brillantini vuole scendere nel vulcano per stare con loro,” disse a Emily.

“Oh,” disse Emily, un po’ triste. “Anche se così ci lascerà?”

Charlotte guardò la cara amica unicorno e annuì. “Dice che questa è la sua isola casa. Le manca molto, e anche tutti i suoi amici. Vuole vivere qui. Però noi possiamo venire a farle visita.”

“Allora okay,” disse Emily.

Legarono le maniche dei loro cardigan insieme per fare un’imbracatura per Brillantini. Poi fecero scendere l’unicorno lungo il dorso del mobile e la lasciarono lì.

“Ti rattrista salutarla?” chiese Emily a Charlotte mentre rimontavano sulla barca di fortuna.

Charlotte scosse la testa. “No. Perché so che la vedrò ancora.”

Emily tornò improvvisamente al presente. Teneva Brillantini forte contro il petto, e la testa del giocattolo era bagnata delle sue lacrime. Da un lato si sentiva disperatamente triste, perché sapeva che Charlotte non aveva mai più avuto la possibilità di rivedere Brillantini. Ma l’altra parte di lei si sentiva lieve di gioia. Il giocattolo era un segno da parte di Charlotte, Emily ne era certa. Brillantini era stata lasciata su quell’isola, sul fondo del dorso del mobile, completamente dimenticata fino a quel momento, forse persino proprio per quel momento.

Abbracciò forte Brillantini, poi la posò, in modo commovente, sullo scaffale che dava sulla culla della piccola Charlotte. Sentì il cerchio della vita proseguire, e sorrise sapendo che, una volta arrivata, Charlotte avrebbe avuto un angelo custode a controllarla mentre dormiva.

*

Emily si rannicchiò nel letto accanto a Daniel. Era stata una giornata lunga e stancante, e si ritrovò a scivolare subito nel sonno.

“Non ci credo che siamo i proprietari di un’isola,” borbottò nel buio mentre si addormentava. “Il mio futuro non è per niente come una volta pensavo che sarebbe stato.”

Daniel se ne uscì con una risata assonnata. “In che senso?”

“Be’, non avevo mai pensato che sarei stata sposata e incinta. Non avevo mai pensato che avrei avuto Chantelle, o questa locanda.” Accarezzò il petto di Daniel, che saliva e scendeva lentamente.

“Non avevo mai pensato neanch’io che avrei avuto Chantelle o la locanda,” rispose.

“Ma sei felice che sia così?”

“Certo.”

“Sei felice che avremo un’altra bambina?”

Lui le baciò la fronte. “Ne sono molto felice,” la rassicurò.

“E che nostra figlia domani tornerà a scuola dove sta andando meravigliosamente?”

Daniel rise di nuovo. “Sì. Sono contento che Chantelle vada bene a scuola.”

Emily sorrise, soddisfatta. Il sonno sembrava pronto a prenderla.

“Sono triste solo per una cosa,” disse.

“Quale?”

“Che mio padre non ci sarà per godersi tutto quanto con noi.”

Daniel allora rimase zitto. Lei sentì le sue braccia stringersi attorno al suo corpo.

“Lo so,” disse. “Ne sono triste anch’io. Ma cerchiamo di prendere il meglio dal tempo che abbiamo con lui, adesso. Assicuriamoci che ogni giorno sia il migliore possibile. Facciamo che ogni giorno conti.”

Emily annuì in conferma. “Penso che abbiamo fatto che oggi contasse,” disse, sbadigliando. “Abbiamo comprato un’isola, dopotutto. Non accade tutti i giorni.”

Sentì il petto di Daniel fremere per una risata. Si strinse ancor di più contro di lui, felicissima e gonfia d’amore. Avvolti uno nelle braccia dell’altra, i battiti dei loro cuori si sincronizzarono. Si addormentarono all’unisono, in perfetta armonia, due persone unite dall’amore.

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