Il Principe Vars cavalcava in capo ai suoi uomini, cercando di stare dritto sulla sella e conservare l’aspetto del reale che era. Era sempre stato bravo in questo. Non era muscoloso come Rodry, non aveva la bellezza femminea di Greave, ma era comunque giovane, piacente e dall’aspetto nobile nella sua armatura e nei suoi abiti eleganti mentre procedeva.
Sapeva che le guardie al suo seguito lo stavano osservando, in attesa di ricevere i suoi ordini. Ripensava alla locanda dove avevano passato la notte, ora prosciugata della birra, della carne e delle donne. Vars aveva pagato per avere la sua parte di tutte e tre, e adesso la tentazione era di rimmergersi lì dentro e dimenticare tutto il resto.
“Vostra altezza,” disse il funzionario addetto alle cerimonie. “Non dovremmo sbrigarci se dobbiamo raggiungere la principessa durante il suo raccolto nuziale?”
“Io do i comandi, Sergente,” gli ricordò Vars, ma la cosa irritante era che l’uomo aveva ragione. Evitare la fatica per una sera non aveva causato danni e avrebbe ricordato a tutti che lui era il capo. Tuttavia, sapeva quanto si sarebbe arrabbiato suo padre se avesse scoperto che non era con sua sorella e non voleva certo rischiare di provocare la collera del re.
“Molto bene,” disse. “In marcia!”
Partirono, con il sole che iniziava ad alzarsi e il caldo era più piacevole che opprimente. Passarono la mattina a ripercorrere la strada per tornare al bivio dove Vars aveva optato per l’altra direzione. Cavalcarono attraverso un campo aperto e coltivato, dove distese di grano e qualsiasi altro raccolto che i contadini stavano crescendo giacevano su entrambi i lati. Le strade laggiù erano polverose, con pareti rocciose bilaterali e qualche albero in qua e in là: melo e cedro, quercia e pero. Un gruppo di pecore pascolava in uno dei campi vicini, stupide come spesso parevano essere le persone.
Almeno i suoi uomini erano sensati: quando raggiunsero il punto in cui il cartello del bivio giaceva a terra, non dissero una parola sull’essere già stati lì. Vars li guidò sull’altra strada della biforcazione; la locanda in cui doveva aver trascorso la notte Lenore non doveva essere situata a più di circa un’ora di distanza a cavallo.
Dopo quel periodo trascorso da sola, già abbastanza spaventata per i pericoli della strada, avrebbe salutato Vars come aveva sempre accolto il suo eroico fratello Rodry. Certo, Vars avrebbe dovuto trascorrere qualche altro giorno di viaggio con lei, procedendo lento attraverso i luoghi più remoti del regno per raccogliere tributi, ma forse non sarebbe stato così male adesso. Forse alcuni di quei tributi sarebbero potuti finire nei suoi scrigni lungo il tragitto…
Quel piacevole pensiero lo incoraggiò a procedere mentre le sue truppe marciavano al suo passo, percorrendo la strada fino alla locanda. Riusciva a scorgerla in lontananza; la costruzione era adesso visibile fra gli alberi. Vars spronò il suo cavallo con il tacco. Sarebbero arrivati come una singola schiera senza macchia e senza paura, con lui in capo a tutti…
Qualcosa non andava. Avrebbe dovuto esserci del fumo provocato dai fornelli laggiù, avrebbero dovuto esserci almeno una dozzina di segni di vita. Invece, tutto taceva. Una parte di Vars gli urlava di tornare indietro, di restare lontano. Sapeva però che, se l’avesse fatto, sarebbe apparso debole, sarebbe tornato da suo padre e…
Quindi rimase defilato quanto bastava per far sì che gli altri raggiungessero la locanda prima di lui. Dietro al muro dei suoi uomini, vide il punto in cui la carrozza di Lenore era stata lasciata, e quello alimentò la speranza in lui. Poi però notò i corpi e la speranza tornò a morire, rimpiazzata da una paura schiacciante.
Giacevano lì, dov’erano stati uccisi o trascinati. Riconobbe le uniformi delle poche guardie che Lenore aveva portato con sé ed erano ricoperte di sangue. C’erano anche le domestiche, uccise con altrettanta brutalità, sebbene forse con una velocità minore. L’occhio esperto di Vars conosceva fin troppo bene i segni inflitti con violenza minuziosa.
Il terrore prese il sopravvento su di lui a quel punto. Parte era per la sua sorellastra perché, nonostante ciò che pensavano alcune persone, non era un mostro; a dirla tutta però, la maggior parte era per se stesso e per come avrebbe reagito suo padre se avesse scoperto che aveva lasciato rapire Lenore, ma non era quello il punto.
Il punto… il punto era che tutto ciò era accaduto in sua assenza.
Il suo primo pensiero gli fece tirare un sospiro di sollievo, perché essere stato lì avrebbe significato un pericolo assurdo, forse persino la morte, guardando alla semplicità con la quale pareva che avessero massacrato le poche guardie che avevano accompagnato Lenore.
Il pensiero successivo ebbe l’effetto opposto, perché avrebbe dovuto essere lì e tutti lo avrebbero saputo. Lo avrebbero guardato come fosse una nullità, meno di una nullità, nonostante fosse un principe del regno.
“Trovate mia sorella!” ordinò. “Scoprite cos’è successo qui!”
Restò seduto in groppa al suo cavallo mentre i suoi uomini si sparpagliavano, guardandoli spostarsi da un edificio all’altro. Vars sedeva con la mano sull’elsa della spada, senza sapere cosa avrebbe fatto se gli aggressori fossero sbucati dagli edifici circostanti. Li avrebbe colpiti, sarebbe rimasto lì immobile oppure sarebbe fuggito? Di certo non sarebbe entrato per primo in una delle costruzioni, andando a bussare al pericolo.
In parte si odiava per essere così.
“C’è qualcuno qui!” gridò il funzionario dalle stalle della locanda. “È viva, più o meno!”
Quello bastò a farlo scendere dal suo cavallo, sperando contro ogni speranza che si trattasse di Lenore. Se era morta in tutto ciò…
Irruppe nelle stalle e trovò il funzionario che aiutava una giovane donna a rialzarsi. Non era Lenore e non sembrava neanche una delle sue domestiche. Al contrario, indossava dei vestiti semplici che la facevano sembrare una qualche contadina, forse una dipendente della locanda. Vars la raggiunse a passo allungato.
“Che cosa è successo qui?” chiese. “Dov’è mia sorella?”
La giovane donna gridò alla violenza del suo tono e solo la presa rassicurante del funzionario la trattenne dal ritrarsi del tutto. Vars non aveva tempo per quello; doveva sapere cos’era successo, doveva sapere quanto era grande il guaio in cui si trovava.
“Che cosa è successo qui?” chiese. “Dov’è la Principessa Lenore?”
“Non c’è,” rispose la donna. “I taciturni… l’hanno presa…”
“I taciturni?” domandò Vars, riluttante a credere all’accaduto. Aveva sentito le storie; erano gli assassini addestrati di Re Ravin, quelli istruiti ad attraversare i ponti per eseguire i suoi ordini.
“Loro… loro hanno ucciso quasi tutti,” disse la donna. “Hanno assediato la locanda, tenendo solo alcune di noi per… per…”
Un altro uomo avrebbe potuto dire qualcosa di rassicurante in quel momento, ma lui si limitò a guardarla.
“Dov’è mia sorella?” ripeté.
“L’hanno presa,” disse la donna. “Hanno aspettato che entrasse nella locanda con i suoi uomini, poi hanno ucciso gli uomini e… hanno catturato la principessa e le sue domestiche. L’hanno rinchiusa qui, le hanno fatto delle cose terribili e poi si sono diretti a Sud.”
“E ti hanno lasciata viva per dircelo?” chiese Vars diffidente. Quando qualcuno faceva qualcosa di brutto, era meglio che lo facesse in segreto, lontano da occhi indiscreti. Lui lo sapeva meglio di chiunque altro.
“Loro vogliono che le persone sappiano,” rispose la giovane donna. “Hanno ucciso alcune delle domestiche, ma le altre… le hanno rilasciate per portare la notizia. Mi hanno lasciata qui. Vogliono che le persone sappiano cos’hanno fatto, che sono riusciti a catturare la principessa persino qui. Che ce l’hanno loro.”
Vars emise un grido che era pura rabbia e frustrazione. Quelli attorno a lui dovevano averlo interpretato come uno sfogo d’ira perché sua sorella era stata catturata in quel modo ed era ancora in pericolo. C’era dell’altro però, molto altro. C’era il fatto che gli altri avrebbero saputo cos’era accaduto lì, grazie a quelli che i Taciturni avevano lasciato andare. C’era la frustrazione perché tutti avrebbero inevitabilmente scoperto il suo fallimento.
C’era la comprensione di ciò che avrebbe dovuto fare.
“Quanti sono?” chiese.
“Forse… una dozzina,” rispose la donna.
Una dozzina di uomini aveva fatto tutto quello? Tuttavia, almeno c’era un vantaggio al riguardo: loro erano di più. Vars apprezzava quando i suoi uomini erano più di quelli avversari.
“Raggruppa gli uomini,” scattò il principe.
“E lei?” chiese il funzionario, facendo un cenno con il capo alla donna.
“Mia sorella è quella che conta!”
Lei era quella la cui sicurezza contava per suo padre. Se fosse tornato con lei, avrebbe potuto inventare qualsiasi storia avesse voluto per spiegare il ritardo nel percorrere la strada e sarebbe potuto passare lo stesso da eroe. Se fosse tornato senza…
Non sarebbe successo, non l’avrebbe permesso.
Raggiunse il suo cavallo, balzandogli in groppa come un qualche eroe uscito da una canzone. Era l’incarnazione del paradosso mentre i suoi uomini si radunavano, mettendosi in riga con tanta precisione come avessero ricevuto l’ordine da un vero leader.
Estrasse la spada, che era più di quanto faceva di solito in combattimento e guardò verso i suoi uomini.
“Tu, vai a vedere se ci sono dei cavalli nelle stalle. Il resto di voi, preparatevi a mettervi in marcia, veloce.” Ci fu qualche mormorio tra le fila, ma Vars mise tutti a tacere con un’occhiataccia. “Mia sorella, la vostra principessa, è in pericolo! Gli uomini di Re Ravin la stanno portando nel Regno del Sud, e questo significa attraversare i ponti. Se li raggiungiamo prima, riusciremo a fermarli e a salvarla! Ogni uomo qui presente può diventare un eroe!”
Tutti potevano diventarlo, ma lui sarebbe stato il più grande di tutti. Se avesse salvato sua sorella, gli uomini avrebbero raccontato storie su quanto era stato coraggioso il Principe Vars a combattere il meglio che Re Ravin aveva da offrire. Se avesse fallito… beh, suo padre avrebbe forse preteso la sua testa.
Dovevano uccidere una dozzina di uomini per evitarlo? Avrebbe fatto quello e di più.
“Avanti!” gridò e spronò il cavallo a galoppare. “Dobbiamo raggiungere il ponte in tempo!”
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