Читать книгу «Sala Operativa» онлайн полностью📖 — Джека Марса — MyBook.

Qualche minuto prima, Luke aveva aperto l’armadietto con la chiave che gli aveva dato Pete Winn. L’armadietto era più un ripostiglio che un vero e proprio armadietto. Dentro c’era un tavolo pieghevole, una specie di asse da stiro ma più larga e più bassa e molto più robusta. Era lunga circa due metri e larga uno e venti.

Quando Luke e Ed la aprirono, la tavola aveva un’inclinazione evidente. Sul lato più alto c’erano delle manette per le caviglie del soggetto. Nel mezzo c’erano cinghie in pelle per legare i polsi del soggetto, e una cinghia grande nel centro per la vita. Sul lato più basso c’era un anello di metallo per assicurare la testa del soggetto al tavolo.

Era una piattaforma per la tortura della goccia.

Quando estrassero la tavola, Li si agitò visibilmente. Capì subito di che cosa si trattasse. Ovvio che lo capì subito. Era un agente dell’intelligence, operativo sul campo, e tutti loro l’avevano vista durante l’addestramento. Americani, cinesi, chiunque. Luke aveva guardato una dimostrazione live della tecnica, una volta. Un incallito agente della CIA, un uomo che era arrivato all’agenzia dai Navy SEAL, che era stato presente in numerosi hotspot del Paese, era il soggetto del test.

Come avevano fatto a convincere quell’uomo a proporsi come volontario era una cosa che Luke non aveva mai scoperto. Magari aveva avuto un bonus. Doveva essere un bonus bello grosso. L’agente sembrava rilassato prima della dimostrazione. Rideva e scherzava con i suoi futuri torturatori. Una volta cominciata la procedura, si era trasformato istantaneamente. Era durato ventiquattro secondi prima di usare la parola di sicurezza per farla finire. L’avevano cronometrato.

“Dovete sapere che va contro le convenzioni di Ginevra,” disse Li, la voce che gli tremava un pochino. “Va contro…”

“L’ultima volta che ho controllato, non eravamo a Ginevra,” disse Luke. “Anzi, non siamo da nessuna parte. Come ho detto prima, questo edificio non esiste, così come non esiste nessuno di nome Li Quiangguo.”

Luke si impegnò con gli altri attrezzi che aveva preso dall’armadietto. Includevano due grandi annaffiatoi, come quelli che una cara vecchietta userebbe per dar l’acqua al giardino. C’erano anche delle sicure per le manette e le cinghie di pelle della tavola. E infine c’era un numero di pesanti teli di media grandezza e un rotolo di cellophane. Se i teli non avessero funzionato, sarebbero sempre potuti passare al cellophane. Luke sapeva che la CIA non perdeva tempo con i teli.

“Bello,” disse Ed. “Non faccio cose del genere dall’Afghanistan. Sono passati almeno cinque anni.”

“Allora la tua esperienza è più recente della mia,” disse Luke. “Perciò lasceremo a te l’onore. Com’è stato quando l’hai fatto?”

Ed fece spallucce. “Spaventoso. Ce ne sono morti un paio. Non è come gli altri metodi che ho visto. Puoi folgorare persone tutto il giorno, finché la corrente è giusta. Fa male, ma non li uccide. Con questo la gente muore davvero. Affogano. Hanno dei danni cerebrali. Hanno arresti cardiaci. Questo è reale.”

“Sentite,” disse Li. Adesso gli tremava tutto il corpo. “Il waterboarding va contro qualsiasi diritto bellico. È riconosciuto come tortura da ogni corpo internazionale. Violerete i diritti umani.”

“Bello, all’improvviso sei tutto regole e norme,” disse Ed. “Per come la vedo io, uno che annega deliberatamente migliaia di persone non è umano. Direi che hai rinunciato ai tuoi diritti umani.”

“Ragazzi,” disse Swann. “Questa cosa non mi piace.”

Luke lo guardò. “Swann, ti avevo detto che era un buon momento per andartene. Prenditi una ventina di minuti. Dovrebbero bastare.”

Swann si fece rosso in viso. “Luke, tutto ciò che ho letto dice che questa cosa non ti darà neanche delle informazioni decenti. Mentirà per farti smettere.”

Luke non ricordava una singola volta in cui Swann avesse messo in discussione le sue azioni, prima. Sarebbe stato curioso di sapere se Swann stesse mettendo in discussione le sue azioni adesso. Comunque, scosse la testa.

“Swann, non puoi credere a tutto ciò che leggi. Ho visto questa cosa far ottenere fattibili e accurate informazioni nel giro di minuti. E dato che il signor Li è nostro ospite qui, saremo in grado di verificare rapidamente ogni affermazione che farà. Possiamo anche rivedere quelle affermazioni con lui se si scopre che sono errate. La verità è che non vogliono che si faccia questa cosa perché, come Li ha accuratamente indicato, è qualificata come tortura. Però funziona, e nelle circostanze giuste funziona molto, molto bene.”

Luke fece un cenno alla stanza vuota. “E queste sono le circostanze giuste.”

Swann adesso lo fissava. “Luke…”

Luke sollevò una mano. “Swann. Fuori. Per piacere.” Indicò la porta.

Swann scosse la testa. Aveva il viso molto rosso adesso. Sembrava sul punto di tremare lui stesso. “Perché mi hai chiamato per questa roba?” disse. “Non lavoro più per l’FBI, e neanche tu.”

Luke quasi sorrise. Non sapeva come si sentisse davvero Swann, ma non avrebbe potuto reagire meglio neanche avesse avuto un copione sotto al naso. Il poliziotto buono, e il poliziotto cattivo sotto steroidi.

“Entro la fine della giornata avrò bisogno delle tue competenze,” disse Luke. “Ma non per questo. Adesso fatti un giro. Per piacere. E nota quanto sono stato educato finora. Entro un minuto perderò la calma.”

“Presenterò reclamo formale,” disse Swann.

“Fallo, dai. Lo sai per chi lavoro. Il tuo reclamo se ne andrò dritto al trita documenti. Cadrà dritto nel buco della memoria. Ma fallo lo stesso, come esercizio intellettuale.”

“Ho in programma di farlo,” disse Swann. Con quello, uscì dalla porta. La tirò alle sue spalle, ma senza sbatterla.

Luke sospirò. Guardò Ed. “Ed, puoi per favore riempire quegli annaffiatoi al lavandino della cucina? Ci serviranno tra un attimo.”

Ed fece un sorriso diabolico. “Con piacere.”

Sollevò gli annaffiatoi guardando Li. Mostrò a Li la folle occhiataccia da gigante che a volte usava con le persone. Era uno sguardo che dava i brividi anche a Luke. Faceva sembrare Ed psicotico. Lo faceva sembrare come un uomo che trovava piacevole il sadismo. Luke non era sicuro dell’origine di quello sguardo, né di cosa significasse. Non lo voleva proprio sapere.

“Fratello,” disse Ed a Li. “La tua giornata sta per diventare molto più lunga.”

Mentre Ed trafficava nella minuscola cucina della cabina, Luke osservò bene Li. L’uomo adesso tremava di brutto. Tutto il corpo vibrava come se gli passasse attraverso della corrente elettrica a basso voltaggio. Gli occhi gli si erano fatti grandi e spaventati.

“L’hai già visto fare, vero?” disse Luke.

Li annuì. “Sì.”

“Su prigionieri?”

“Sì.”

“È brutto,” disse Luke. “Molto brutto. Nessuno resiste.”

“Lo so,” disse Li.

Luke guardò la cucina. Ed stava prendendo tempo di là. “E Ed… devi sapere com’è. Queste cose gli piacciono.”

Li non disse nulla in proposito. Il viso gli si fece rosso acceso, e poi gradualmente passò al rosso scuro. Sembrava che dentro di lui fosse in corso un’esplosione, e che stesse cercando di contenerla. Strinse forte gli occhi. Digrignò i denti, che poi cominciarono a battere. Tutto il corpo cominciò a sussultare.

“Ho freddo,” disse. “Non posso farlo.”

Proprio allora a Luke venne in mente una cosa.

“Te l’hanno fatto,” disse. “I tuoi.” Non era una domanda. Lo sapeva come sapeva il proprio nome. Li aveva subito il waterboarding prima di ora, e con tutta probabilità era stato il governo cinese a farglielo.

Improvvisamente la bocca di Li si aprì in un urlo. Era un urlo silenzioso, la mascella si aprì al massimo. In qualche modo ricordò a Luke un lupo mannaro che ulula di agonia durante la transizione spaccaossa dalla forma umana a quella canina. Solo che non c’era suono. Da Li non uscì quasi nulla, solo una specie di basso rumore strozzato dal profondo della gola.

Adesso aveva tutto il corpo rigido, ogni muscolo teso come se la corrente elettrica fosse appena salita di dieci tacche.

“Tu eri un traditore,” disse Luke. “Un nemico dello stato. Però in prigione sei stato riabilitato. La tortura era parte del processo. Ti hanno fatto agente, ma non di valore. Sei uno dei sacrificabili. È per questo che eri qui sul campo, ed è per questo che avevi le pillole di cianuro. Se fossi stato preso, avresti dovuto ucciderti. Non c’era praticamente modo in cui non potessi essere preso, giusto? Ma tu non l’hai fatto, Li. Non ti sei ucciso, e adesso noi siamo la sola speranza che hai.”

“Ti prego!” urlò Li. “Ti prego, non farlo!”

Il corpo dell’uomo si scuoteva in maniera incontrollabile. Anzi, di più. Cominciò a emanare un odore, il fitto odore umido delle feci.

“Oh, mio Dio,” disse. “Oh, mio Dio. Aiutami. Aiutami.”

“Che succede qui?” disse Ed tornando con gli annaffiatoi. Fece una smorfia quando l’odore gli arrivò al naso. “Oh, Cristo.”

Luke sollevò le sopracciglia. Provava quasi compassione per quell’uomo. Poi pensò ai più di mille morti, e alle molte migliaia che avevano perso le loro case. Niente, nessuna esperienza di vita negativa poteva giustificare un’azione del genere.

“Già, Li è un casino,” disse. “È traumatizzato. Pare che non sia il primo waterboarding per lui.”

Ed annuì. “Bene. Allora si è già esercitato.” Abbassò lo sguardo su Li. “Lo faremo comunque, mi senti, femminuccia? Non ci interessa la puzza, perciò se è questo il giochino che stai facendo, non ha funzionato.” Ed guardò Luke. “L’ho già visto fare. La gente ci prova perché pensa che la puzza sia così fetida che non vorremo andare avanti. O magari che avremo pietà di loro. O qualsiasi altra cosa.” Scosse la testa. “La puzza è cattiva, ma non l’ho mai vista funzionare. Non saremmo qui se fossimo tipi sensibili, Li. Ho sentito il puzzo di uomini dopo che sono stati eviscerati. Credimi, è peggio di qualsiasi cosa tu possa spingere fuori dalla strada normale.”

“Vi prego,” disse ancora Li. Lo disse piano adesso, quasi in un sussurro. Il corpo gli tremava senza controllo. Lasciò cadere la testa e fissò il pavimento. “Vi prego, non fatelo. Non riesco a sopportarlo.”

“Dammi qualcosa,” disse Luke. “Dammi qualcosa di buono, e poi vedremo. Guardami, Li.”

La testa di Li crollò ancor più giù. La scosse. “Non posso guardarti adesso.” Il suo viso fece una smorfia, una maschera di umiliazione. Poi si mise a piangere.

“Aiutami. Ti prego, aiutami.”

“Farai meglio a darmi qualcosa,” disse Luke. “O dovremo cominciare.”

Luke se ne stava a tre metri di distanza a guardarlo. Li era afflosciato sulla sedia, la testa bassa, le braccia strette dietro l’ampia schiena, il suo intero corpo a tremare. Non c’era organizzazione nella cosa – ogni parte sembrava fare qualcosa di diverso e di slegato da ogni altra parte. Luke notò in quel momento che Li aveva la tuta bagnata all’altezza del cavallo. Si era anche pisciato addosso.

Luke fece un respiro profondo. Dovevano far venire qualcuno per pulirlo.

“Li?” disse.

Li guardava ancora a terra. La sua voce pareva venire dal fondo di un pozzo. “C’è un deposito. È un deposito piccolo, con un ufficio. Un importatore di prodotti cinesi. Nell’ufficio è tutto spiegato.”

“Di chi è l’ufficio?” disse Luke.

“Mio.”

“È di facciata?” disse Ed.

Li cercò di stringersi nelle spalle. Il corpo gli tremolò e fece una piccola danza. I denti gli battevano mentre parlava. “Più che altro. Doveva essere un po’ funzionale, altrimenti niente copertura.”

“Dov’è?”

Li mormorò qualcosa.

“Cosa?” disse Luke. “Non ti sento. Se fai giochini con me, affronteremo la cosa alla maniera dura. Pensi che Ed abbia voglia di lasciarti in pace? Hai pensato male.”

“È ad Atlanta,” disse Li, chiaro e deciso adesso, come se dirlo fosse un sollievo. “Il deposito si trova ad Atlanta. È lì che avevo base io.”

Luke sorrise.

“Be’, puoi darci l’indirizzo, e possiamo prendere un aereo per Atlanta. Torneremo tra qualche ora.” Mise una mano sulla spalla di Li. “Dio ti aiuti se scopriamo che stai mentendo.”

*

“Bel lavoro, Swann,” disse Luke. “Non avrei potuto chiedere di meglio neanche se avessi scritto le battute io.”

“Ho mai detto che al liceo ero nel gruppo di teatro? Un anno ho avuto un ruolo nell’Opera da tre soldi.”

“Ti sei perso la tua vocazione,” disse Luke. “Saresti potuto andare a vivere a Hollywood a quel che ho visto lì dentro.”

Percorsero la passerella di cemento verso il SUV nero che li aspettava. Due uomini con tute dell’ente federale per la gestione delle emergenze erano appena smontati dall’auto ed erano entrati nella cabina. Luke si guardò in giro. Tutto intorno a loro c’erano recinzioni e fili spinati. Dietro alla torre di guardia più vicina una ripida collina verde si stagliava verso le montagne settentrionali della Georgia.

Swann sorrise. “Ho cercato di metterci la giusta nota di indignazione morale.”

“Mi avevi fregato,” disse Ed.

“Be’, era vero. Non dovevo recitare. Sono davvero contro la tortura delle persone.”

“Nemmeno noi siamo a favore,” disse Ed. “O almeno, non sempre.”

“L’avete fatto?” disse Swann.

Luke sorrise. “Tu che ne dici?”

Swann scosse la testa. “Ero fuori da appena dieci minuti quando siete usciti, perciò immagino di no.”

Ed gli diede una pacca sulla schiena. “Continua a immaginare, analista.”

“Be’, ma l’avete fatto o no?” disse Swann. “Ragazzi?”

Nel giro di qualche minuto, i tre erano di nuovo sull’elicottero, in volo sempre più su sopra la fitta foresta in direzione sud, verso Atlanta.