Luogo è in inferno detto Malebolge,
tutto di pietra di color ferrigno,
come la cerchia che dintorno il volge.
4 Nel dritto mezzo del campo maligno
vaneggia un pozzo assai largo e profondo,
di cui suo loco dicerò l’ordigno.
7 Quel cinghio che rimane adunque è tondo
tra ’l pozzo e ’l piè de l’alta ripa dura,
e ha distinto in dieci valli il fondo.
10 Quale, dove per guardia de le mura
più e più fossi cingon li castelli,
la parte dove son rende figura,
13 tale imagine quivi facean quelli;
e come a tai fortezze da’ lor sogli
a la ripa di fuor son ponticelli,
16 così da imo de la roccia scogli
movien che ricidien li argini e ’ fossi
infino al pozzo che i tronca e raccogli.
19 In questo luogo, de la schiena scossi
di Gerion, trovammoci; e ’l poeta
tenne a sinistra, e io dietro mi mossi.
22 A la man destra vidi nova pieta,
novo tormento e novi frustatori,
di che la prima bolgia era repleta.
25 Nel fondo erano ignudi i peccatori;
dal mezzo in qua ci venien verso ’l volto,
di là con noi, ma con passi maggiori,
28 come i Roman per l’essercito molto,
l’anno del giubileo, su per lo ponte
hanno a passar la gente modo colto,
31 che da l’un lato tutti hanno la fronte
verso ’l castello e vanno a Santo Pietro,
da l’altra sponda vanno verso ’l monte.
34 Di qua, di là, su per lo sasso tetro
vidi demon cornuti con gran ferze,
che li battien crudelmente di retro.
37 Ahi come facean lor levar le berze
a le prime percosse! già nessuno
le seconde aspettava né le terze.
40 Mentr’ io andava, li occhi miei in uno
furo scontrati; e io sì tosto dissi:
«Già di veder costui non son digiuno».
43 Per ch’io a figurarlo i piedi affissi;
e ’l dolce duca meco si ristette,
e assentio ch’alquanto in dietro gissi.
46 E quel frustato celar si credette
bassando ’l viso; ma poco li valse,
ch’io dissi: «O tu che l’occhio a terra gette,
49 se le fazion che porti non son false,
Venedico se’ tu Caccianemico.
Ma che ti mena a sì pungenti salse?».
52 Ed elli a me: «Mal volontier lo dico;
ma sforzami la tua chiara favella,
che mi fa sovvenir del mondo antico.
55 I’ fui colui che la Ghisolabella
condussi a far la voglia del marchese,
come che suoni la sconcia novella.
58 E non pur io qui piango bolognese;
anzi n’è questo loco tanto pieno,
che tante lingue non son ora apprese
61 a dicer ’sipa’ tra Sàvena e Reno;
e se di ciò vuoi fede o testimonio,
rècati a mente il nostro avaro seno».
64 Così parlando il percosse un demonio
de la sua scuriada, e disse: «Via,
ruffian! qui non son femmine da conio».
67 I’ mi raggiunsi con la scorta mia;
poscia con pochi passi divenimmo
là ’v’ uno scoglio de la ripa uscia.
70 Assai leggeramente quel salimmo;
e vòlti a destra su per la sua scheggia,
da quelle cerchie etterne ci partimmo.
73 Quando noi fummo là dov’ el vaneggia
di sotto per dar passo a li sferzati,
lo duca disse: «Attienti, e fa che feggia
76 lo viso in te di quest’ altri mal nati,
ai quali ancor non vedesti la faccia
però che son con noi insieme andati».
79 Del vecchio ponte guardavam la traccia
che venìa verso noi da l’altra banda,
e che la ferza similmente scaccia.
82 E ’l buon maestro, sanza mia dimanda,
mi disse: «Guarda quel grande che vene,
e per dolor non par lagrime spanda:
85 quanto aspetto reale ancor ritene!
Quelli è Iasón, che per cuore e per senno
li Colchi del monton privati féne.
88 Ello passò per l’isola di Lenno
poi che l’ardite femmine spietate
tutti li maschi loro a morte dienno.
91 Ivi con segni e con parole ornate
Isifile ingannò, la giovinetta
che prima avea tutte l’altre ingannate.
94 Lasciolla quivi, gravida, soletta;
tal colpa a tal martiro lui condanna;
e anche di Medea si fa vendetta.
97 Con lui sen va chi da tal parte inganna;
e questo basti de la prima valle
sapere e di color che ’n sé assanna».
100 Già eravam là ’ve lo stretto calle
con l’argine secondo s’incrocicchia,
e fa di quello ad un altr’ arco spalle.
103 Quindi sentimmo gente che si nicchia
ne l’altra bolgia e che col muso scuffa,
e sé medesma con le palme picchia.
106 Le ripe eran grommate d’una muffa,
per l’alito di giù che vi s’appasta,
che con li occhi e col naso facea zuffa.
109 Lo fondo è cupo sì, che non ci basta
loco a veder sanza montare al dosso
de l’arco, ove lo scoglio più sovrasta.
112 Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso
vidi gente attuffata in uno sterco
che da li uman privadi parea mosso.
115 E mentre ch’io là giù con l’occhio cerco,
vidi un col capo sì di merda lordo,
che non parea s’era laico o cherco.
118 Quei mi sgridò: «Perché se’ tu sì gordo
di riguardar più me che li altri brutti?».
E io a lui: «Perché, se ben ricordo,
121 già t’ho veduto coi capelli asciutti,
e se’ Alessio Interminei da Lucca:
però t’adocchio più che li altri tutti».
124 Ed elli allor, battendosi la zucca:
«Qua giù m’hanno sommerso le lusinghe
ond’ io non ebbi mai la lingua stucca».
127 Appresso ciò lo duca «Fa che pinghe»,
mi disse, «il viso un poco più avante,
sì che la faccia ben con l’occhio attinghe
130 di quella sozza e scapigliata fante
che là si graffia con l’unghie merdose,
e or s’accoscia e ora è in piedi stante.
133 Taide è, la puttana che rispuose
al drudo suo quando disse «Ho io grazie
grandi apo te?»: «Anzi maravigliose!».
136 E quinci sian le nostre viste sazie».
O Simon mago, o miseri seguaci
che le cose di Dio, che di bontate
deon essere spose, e voi rapaci
4 per oro e per argento avolterate,
or convien che per voi suoni la tromba,
però che ne la terza bolgia state.
7 Già eravamo, a la seguente tomba,
montati de lo scoglio in quella parte
ch’a punto sovra mezzo ’l fosso piomba.
10 O somma sapienza, quanta è l’arte
che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo,
e quanto giusto tua virtù comparte!
13 Io vidi per le coste e per lo fondo
piena la pietra livida di fóri,
d’un largo tutti e ciascun era tondo.
16 Non mi parean men ampi né maggiori
che que’ che son nel mio bel San Giovanni,
fatti per loco d’i battezzatori;
19 l’un de li quali, ancor non è molt’ anni,
rupp’ io per un che dentro v’annegava:
e questo sia suggel ch’ogn’ omo sganni.
22 Fuor de la bocca a ciascun soperchiava
d’un peccator li piedi e de le gambe
infino al grosso, e l’altro dentro stava.
25 Le piante erano a tutti accese intrambe;
per che sì forte guizzavan le giunte,
che spezzate averien ritorte e strambe.
28 Qual suole il fiammeggiar de le cose unte
muoversi pur su per la strema buccia,
tal era lì dai calcagni a le punte.
31 «Chi è colui, maestro, che si cruccia
guizzando più che li altri suoi consorti»,
diss’ io, «e cui più roggia fiamma succia?».
34 Ed elli a me: «Se tu vuo’ ch’i’ ti porti
là giù per quella ripa che più giace,
da lui saprai di sé e de’ suoi torti».
37 E io: «Tanto m’è bel, quanto a te piace:
tu se’ segnore, e sai ch’i’ non mi parto
dal tuo volere, e sai quel che si tace».
40 Allor venimmo in su l’argine quarto;
volgemmo e discendemmo a mano stanca
là giù nel fondo foracchiato e arto.
43 Lo buon maestro ancor de la sua anca
non mi dipuose, sì mi giunse al rotto
di quel che si piangeva con la zanca.
46 «O qual che se’ che ’l di sù tien di sotto,
anima trista come pal commessa»,
comincia’ io a dir, «se puoi, fa motto».
49 Io stava come ’l frate che confessa
lo perfido assessin, che, poi ch’è fitto,
richiama lui per che la morte cessa.
52 Ed el gridò: «Se’ tu già costì ritto,
se’ tu già costì ritto, Bonifazio?
Di parecchi anni mi mentì lo scritto.
55 Se’ tu sì tosto di quell’ aver sazio
per lo qual non temesti tòrre a ’nganno
la bella donna, e poi di farne strazio?».
58 Tal mi fec’ io, quai son color che stanno,
per non intender ciò ch’è lor risposto,
quasi scornati, e risponder non sanno.
61 Allor Virgilio disse: «Dilli tosto:
«Non son colui, non son colui che credi»»;
e io rispuosi come a me fu imposto.
64 Per che lo spirto tutti storse i piedi;
poi, sospirando e con voce di pianto,
mi disse: «Dunque che a me richiedi?
67 Se di saper ch’i’ sia ti cal cotanto,
che tu abbi però la ripa corsa,
sappi ch’i’ fui vestito del gran manto;
70 e veramente fui figliuol de l’orsa,
cupido sì per avanzar li orsatti,
che sù l’avere e qui me misi in borsa.
73 Di sotto al capo mio son li altri tratti
che precedetter me simoneggiando,
per le fessure de la pietra piatti.
76 Là giù cascherò io altresì quando
verrà colui ch’i’ credea che tu fossi,
allor ch’i’ feci ’l sùbito dimando.
79 Ma più è ’l tempo già che i piè mi cossi
e ch’i’ son stato così sottosopra,
ch’el non starà piantato coi piè rossi:
82 ché dopo lui verrà di più laida opra,
di ver’ ponente, un pastor sanza legge,
tal che convien che lui e me ricuopra.
85 Nuovo Iasón sarà, di cui si legge
ne’ Maccabei; e come a quel fu molle
suo re, così fia lui chi Francia regge».
88 Io non so s’i’ mi fui qui troppo folle,
ch’i’ pur rispuosi lui a questo metro:
«Deh, or mi dì: quanto tesoro volle
91 Nostro Segnore in prima da san Pietro
ch’ei ponesse le chiavi in sua balìa?
Certo non chiese se non «Viemmi retro».
94 Né Pier né li altri tolsero a Matia
oro od argento, quando fu sortito
al loco che perdé l’anima ria.
97 Però ti sta, ché tu se’ ben punito;
e guarda ben la mal tolta moneta
ch’esser ti fece contra Carlo ardito.
100 E se non fosse ch’ancor lo mi vieta
la reverenza de le somme chiavi
che tu tenesti ne la vita lieta,
103 io userei parole ancor più gravi;
ché la vostra avarizia il mondo attrista,
calcando i buoni e sollevando i pravi.
106 Di voi pastor s’accorse il Vangelista,
quando colei che siede sopra l’acque
puttaneggiar coi regi a lui fu vista;
109 quella che con le sette teste nacque,
e da le diece corna ebbe argomento,
fin che virtute al suo marito piacque.
112 Fatto v’avete dio d’oro e d’argento;
e che altro è da voi a l’idolatre,
se non ch’elli uno, e voi ne orate cento?
115 Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
non la tua conversion, ma quella dote
che da te prese il primo ricco patre!».
118 E mentr’ io li cantava cotai note,
o ira o coscienza che ’l mordesse,
forte spingava con ambo le piote.
121 I’ credo ben ch’al mio duca piacesse,
con sì contenta labbia sempre attese
lo suon de le parole vere espresse.
124 Però con ambo le braccia mi prese;
e poi che tutto su mi s’ebbe al petto,
rimontò per la via onde discese.
127 Né si stancò d’avermi a sé distretto,
sì men portò sovra ’l colmo de l’arco
che dal quarto al quinto argine è tragetto.
130 Quivi soavemente spuose il carco,
soave per lo scoglio sconcio ed erto
che sarebbe a le capre duro varco.
133 Indi un altro vallon mi fu scoperto.
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