Tra loro calò un silenzio a cui ormai Chloe stava facendo l’abitudine. Detestava sentirsi così presuntuosa, ma era quasi certa che lui provasse i suoi stessi sentimenti. Era evidente dalle occhiatine che si scambiavano e dal fatto che Moulton non riuscisse a sostenere il suo sguardo per più di tre secondi – proprio come in quel momento, mentre erano ancora in piedi all’ingresso del poligono.
“Ascolta” disse poi Moulton. “Potrà sembrarti stupido e forse anche un po’ avventato, ma mi chiedevo se volessi cenare insieme a me stasera. Non come colleghi, intendo.”
Chloe non riuscì a trattenere il sorriso che le balenò sulle labbra. Era tentata di rispondere in modo ironico, magari con un classico “Era ora”.
Invece optò per una risposta più semplice e sincera. “Sì, mi farebbe piacere.”
“A essere sinceri è un po’ che volevo chiedertelo, ma... il lavoro era sempre così frenetico. E le ultime settimane sono state giusto l’opposto.”
“Sono contenta che alla fine tu me l’abbia chiesto.”
Il silenzio li avvolse di nuovo, ma stavolta Moulton riuscì a guardarla negli occhi senza distogliere lo sguardo. Per un attimo, Chloe pensò che stesse per baciarla, poi però il momento passò e Moulton fece un cenno verso la porta.
“È meglio che vada. Chiamami più tardi per dirmi dove vuoi andare a mangiare.”
“Lo farò.”
Chloe rimase lì qualche secondo, guardandolo entrare nel poligono. Come inizio di una relazione era piuttosto impacciato. Si sentiva ingenua e immatura come una dodicenne nervosa ad un ballo dopo che aveva scoperto di piacere ad un ragazzo, così si allontanò il più rapidamente possibile.
Erano quasi le cinque e non aveva nient’altro in programma, così decise semplicemente di tornarsene a casa. Non aveva senso tornare al suo cubicolo solo per aspettare che passasse l’ultimo quarto d’ora. Adesso che ci pensava, non aveva molto tempo per prepararsi alla cena con Moulton. Non sapeva a che ora cenasse lui di solito, ma probabilmente sarebbero usciti per le sette, quindi le restavano poco più di due ore per decidere dove andare e cosa indossare.
Si affrettò verso il parcheggio e salì in macchina. Ancora una volta si sentì come una scolaretta innamorata. E se per qualche motivo fosse salito nella sua auto? Era piuttosto sporca, dato che non la puliva da quando lei e Steven avevano rotto. Appena pensò a Steven, capì perché si sentisse così impacciata a uscire di nuovo con un uomo. Prima di Steven aveva avuto soltanto un’altra relazione seria, poi lei e Steven erano usciti insieme per quattro anni prima di fidanzarsi. Ormai non era più abituata ad avere appuntamenti galanti, e l’idea le pareva quasi antiquata e, a dirla tutta, un po’ la spaventava.
Fece del proprio meglio per calmarsi nei quindici minuti che ci vollero per raggiungere il suo appartamento. Non aveva idea dei trascorsi amorosi di Kyle Moulton. Magari anche lui era fuori dal giro e arrugginito quanto lei. Naturalmente, a giudicare dal suo aspetto, Chloe dubitava che fosse così. Anzi, pensando proprio alla sua avvenenza, non aveva idea del perché potesse essere interessato a lei.
Forse ha un debole per le ragazze dal passato difficile e che hanno la tendenza a buttarsi anima e corpo nel lavoro, rifletté. Gli uomini di oggi lo trovano sexy, no?
Quando arrivò nella sua strada, si era calmata quasi del tutto. L’ansia si stava lentamente trasformando in eccitazione. Erano passati sette mesi da quando aveva chiuso con Steven. Sette mesi senza baciare un uomo, senza fare sesso, senza...
Non correre troppo, si ammonì mentre entrava nel parcheggio in fondo al suo isolato.
Scese dall’auto e iniziò a passare mentalmente in rassegna tutti i vestiti che aveva nell’armadio che fossero carini senza essere eccessivi. Aveva un paio di idee su cosa mettersi, e anche su dove andare a mangiare, dato che ultimamente aveva voglia di cucina giapponese. Un po’ di sushi era proprio quello che ci voleva, e...
Raggiunto l’ingresso del palazzo, vide un uomo seduto sull’ultimo gradino. Aveva l’aria annoiata, con il mento poggiato su una mano mentre con l’altra scorreva lo schermo del cellulare.
Chloe rallentò, per poi fermarsi del tutto. Conosceva quell’uomo, ma non era possibile che di trovasse lì seduto sui gradini della sua palazzina.
Non è possibile...
Fece un passo avanti. L’uomo si accorse di lei e alzò la testa. I loro sguardi si incrociarono e Chloe fu percorsa da un brivido.
L’uomo sulle scale era Aiden Fine – suo padre.
“Ciao Chloe.”
Cercava di sembrare normale, come se fosse una cosa del tutto normale che si trovasse lì davanti a casa sua. Come se non avesse passato gli ultimi ventitré anni in carcere, a scontare la pena per aver avuto un ruolo nell’omicidio della madre di Chloe. Certo, lei stessa aveva scoperto di recente elementi che sembravano dimostrare la sua innocenza, ma per Chloe lui sarebbe sempre stato colpevole.
Al tempo stesso, tuttavia, provò l’impulso di andare da lui, forse addirittura di abbracciarlo. Inutile negare che vederlo lì, fuori di prigione e libero, aveva suscitato in lei un gran numero di emozioni.
Tuttavia non si azzardò a fare un altro passo. Non si fidava di lui e, peggio ancora, di se stessa.
“Cosa ci fai qui?” gli chiese.
“Volevo solo passare a trovarti” disse lui alzandosi in piedi.
Un milione di domande diverse si affollarono nella mente di Chloe. La più pressante di tutte era come avesse fatto a scoprire dove abitava. Però sapeva che a chiunque sarebbero bastate una connessione internet e una buona dose di determinazione per scoprirlo. Così decise invece di mostrarsi civile senza sembrare troppo accogliente.
“Da quanto sei uscito di prigione?”
“Una settimana e mezzo. Prima ho dovuto trovare il coraggio di venire qui.”
Chloe ripensò alla telefonata che aveva fatto al direttore Johnson quando aveva scoperto l’ultima prova, due mesi prima – e che evidentemente era bastata a scagionare suo padre. E ora eccolo qui. Grazie ai suoi sforzi. Si chiese se sapesse quello che aveva fatto per lui.
“È proprio per questo che ho aspettato” proseguì. “Questo... questo silenzio tra noi, è imbarazzante e ingiusto e...”
“Ingiusto? Papà, sei stato in prigione per gran parte della mia vita... per un crimine di cui ora so non sei colpevole, ma per cui non sembra ti sia dispiaciuto pagare lo scotto. Certo che le cose tra noi sono impacciate. Visti il motivo del tuo arresto e le ultime conversazioni che abbiamo avuto, spero che capirai perché non ti accolgo saltando e facendoti le feste.”
“Questo lo capisco benissimo, ma... ho perso così tanto tempo. Forse adesso sei troppo giovane per capirlo, ma tutti quegli anni che ho sprecato in prigione, sapendo quello che stavo sacrificando... il mio tempo con te e Danielle... la mia vita...”
“Hai sacrificato quelle cose per Ruthanne Carwile” sentenziò Chloe. “È stata una tua scelta.”
“È vero. Ed è un rimpianto con cui devo convivere da quasi venticinque anni.”
“Allora cosa vuoi?”
Chloe si avvicinò, poi lo superò, diretta alla porta. Passargli così vicino richiese molta più forza di volontà di quello che pensava.
“Pensavo che potremmo cenare insieme.”
“Così, semplicemente?”
“Dovremo pur partire da qualche parte, Chloe.”
“No, in realtà non dobbiamo.” Aprì la porta e si voltò verso di lui, guardandolo negli occhi per la prima volta. Aveva lo stomaco annodato e stava facendo ogni sforzo possibile per non lasciarsi sopraffare dalle emozioni davanti a lui. “Voglio che tu te ne vada. E, per favore, non tornare mai più.”
Aiden parve sinceramente ferito, ma non distolse lo sguardo da lei. “Dici sul serio?”
Chloe voleva dire di sì, invece quello che le uscì di bocca fu: “Non lo so.”
“Fammi sapere se cambi idea. Adesso abito a...”
“Non voglio saperlo” lo interruppe. “Se vorrò mettermi in contatto con te, ti troverò.”
Lui le rivolse un sorriso tirato, ma si vedeva che era addolorato. “Ah, giusto. Adesso lavori per l’FBI.”
Ed è stato quello che è successo fra te e la mamma che mi ha spinto a prendere questa strada, pensò.
“Ciao, papà” disse Chloe prima di entrare nell’edificio.
Una volta chiuso il portone alle sue spalle, non si voltò, raggiungendo l’ascensore più in fretta che poté, senza dare l’impressione di stare scappando. Quando le porte si chiusero e l’ascensore iniziò a salire, si premette le mani sugli occhi e iniziò a piangere.
***
Fissava l’armadio aperto, pensando se chiamare Moulton e dirgli che non poteva uscire quella sera. Non voleva dirgli il motivo, cioè che suo padre era uscito di prigione dopo ventitré anni e si era presentato improvvisamente davanti a casa sua. Sicuramente lui avrebbe compreso che per lei era un trauma, no?
Ma aveva deciso che non avrebbe lasciato che suo padre le rovinasse la vita. Aveva vissuto perseguitata dalla sua ombra fin troppo a lungo. Anche solo annullare un appuntamento a causa sua avrebbe significato riconoscere che aveva su di lei un gran potere.
Digitò il numero di Moulton e, quando si attaccò la segreteria, lasciò un messaggio in cui proponeva un ristorante dove andare. Dopodiché si fece una doccia veloce e si vestì. Si stava infilando i pantaloni quando il cellulare squillò. Vedendo il nome di Moulton sullo schermo, la sua mente immaginò l’ipotesi peggiore.
Ha cambiato idea, sta chiamando per annullare l’appuntamento.
Chloe ne era convinta fino a quando rispose. “Pronto?”
“Ehi, il giapponese mi sembra una buona idea” disse invece Moulton. “Probabilmente avrai capito dalla totale assenza di dettagli sulla serata che non è qualcosa che faccio spesso. Quindi, vengo io a prenderti o ci troviamo direttamente là...?”
“Vieni a prendermi, se non ti spiace” disse Chloe, pensando di nuovo alle condizioni della sua auto. “C’è un locale carino non molto lontano da qui.”
“D’accordo. Allora a dopo.”
...non è qualcosa che faccio spesso. Nonostante l’avesse ammesso lui stesso, Chloe faticava a crederci.
Finì di vestirsi, si sistemò i capelli e aspettò di sentire bussare alla porta.
Magari sarà di nuovo papà, si disse. Anche se, a dirla tutta, non era stata la sua voce a dirlo, bensì quella di Danielle, in tono condiscendente e sicuro.
Mi domando se sappia già che è libero. Oddio, andrà su tutte le furie.
Ma non aveva tempo di rimuginarci. Infatti, proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta. Per un istante, Chloe rimase paralizzata, certa che fosse il padre, e fu tentata di non aprire. Poi però ricordò l’atteggiamento di Moulton, impacciato quanto il suo, davanti al poligono, e si accorse di avere una gran voglia di vederlo, soprattutto dopo quello che era successo poco prima.
Aprì la porta, esibendo il suo sorriso migliore. Anche Moulton aveva sfoderato il suo. Forse era perché raramente si vedevano al di fuori del lavoro, ma Chloe trovava quel sorriso maledettamente sexy. Tra l’altro, nonostante fosse vestito in modo piuttosto semplice – una camicia button-down e un bel paio di jeans – era assolutamente stupendo.
“Pronta?”
“Certo che sì.”
Chloe si chiuse la porta alle spalle e si avviarono insieme lungo il corridoio. Tra loro c’era di nuovo quel silenzio perfettamente immobile, che le faceva desiderare che le cose tra loro fossero già più avanti. Anche un gesto semplice e innocente come tenersi per mano... aveva bisogno di qualcosa.
Era proprio quel bisogno di contatto umano che le dimostrò quanto l’improvvisata di suo padre l’avesse scossa.
Adesso che è libero sarà sempre peggio, pensò mentre lei e Moulton scendevano con l’ascensore.
Ma non gli avrebbe permesso di rovinarle l’appuntamento.
Scacciò il pensiero del padre dalla mente, mentre insieme a Moulton usciva nella sera tiepida. Con sua somma sorpresa, sembrò funzionare.
Per un po’.
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