Quando il cellulare di Riley cominciò a squillare, gli ultimi colpi di Blaine le riecheggiavano ancora nelle orecchie. Con riluttanza, tirò fuori il telefono. Aveva sperato di avere una mattina da dedicare esclusivamente a Blaine ma, guardando lo schermo del cellulare, comprese che la sua speranza sarebbe rimasta vana: la chiamata era di Brent Meredith.
Si era sorpresa, accorgendosi di quanto si stesse divertendo a insegnare a Blaine a sparare con la sua nuova pistola. Qualunque cosa Meredith volesse, Riley era sicura che stesse per interrompere la migliore giornata che stava vivendo da molto tempo.
Ma non poteva ignorare la chiamata.
Come al solito, Meredith andò dritto al punto.
“Abbiamo un nuovo caso. Ci serve lei. Quanto le ci vuole per arrivare a Quantico?”
Riley soffocò un sospiro. Con Bill in licenza, Riley aveva sperato di avere ancora tempo, in modo che il dolore causato dalla perdita di Lucy si riducesse.
Non ho molta fortuna, lei pensò.
Era indubbio che avrebbe dovuto a breve lasciare la città. Aveva tempo a sufficienza per correre a casa, salutare tutti e poi cambiarsi i vestiti?
“Le va bene tra un’ora?” Riley chiese.
“Cerchi di fare prima. Ci vediamo nel mio ufficio. E porti la valigia con sé.”
Meredith terminò la telefonata, senza neanche attendere una risposta.
Blaine era lì ad aspettarla. Si tolse la protezione ad occhi e orecchie e chiese: “Qualcosa che ha a che fare col lavoro?”
Riley sospirò ad alta voce.
“Sì, devo andare immediatamente a Quantico.”
Blaine annuì senza lamentarsi, e scaricò l’arma.
“Ti ci accompagno io” le disse.
“No, devo passare a prendere la valigia. Ed è nella mia auto, a casa. Temo che dovrai riportarmi lì. E temo anche di dover andare un po’ di fretta.”
“Nessun problema” Blaine rispose, riponendo cautamente la sua nuova pistola nella custodia.
Riley lo baciò su una guancia.
“A quanto pare, dovrò lasciare la città” lei disse. “Odio doverlo fare. Mi stavo davvero divertendo.”
Blaine sorrise e la baciò anche lui.
“Anch’io mi sono divertito molto” le disse. “Tranquilla. Riprenderemo dove abbiamo interrotto, non appena tornerai.”
Quando lasciarono l’area di tiro ed uscirono dal negozio d’armi, il negoziante li salutò calorosamente.
Non appena Blaine la lasciò davanti a casa, Riley entrò per informare tutti della sua partenza imminente. Non aveva tempo per cambiarsi, ma almeno aveva fatto la doccia a casa di Blaine quella mattina.
Si rese conto con sollievo che la sua famiglia sembrava tranquilla, nonostante il suo improvviso cambio di piani.
Si stanno abituando ad andare avanti senza di me, pensò. Non era certa che tale idea le piacesse davvero, ma sapeva che era necessario in una vita come la sua.
Riley controllò che tutto il necessario fosse nella sua auto, e poi guidò fino a Quantico. Giunta alla sede del BAU, si incamminò verso l’ufficio di Brent Meredith. Con sgomento, incontrò Jenn Roston, che si muoveva nella stessa direzione.
Riley e Jenn si guardarono per un istante, poi entrambe accelerarono il passo in silenzio.
Riley si chiese se Jenn si sentisse a disagio quanto lei al momento. Solo il giorno prima, avevano avuto un disagevole incontro, e Riley ancora non sapeva dire se avesse commesso o meno un terribile errore nel dare a Jenn quella chiavetta USB.
Ma probabilmente Jenn non ne era affatto preoccupata, Riley immaginò.
Dopotutto, la giovane agente aveva avuto un asso nella manica da giocare in quell’incontro. Aveva controllato brillantemente la situazione a proprio vantaggio. Riley aveva mai conosciuto qualcuno in grado di manipolarla in quel modo?
Dovette ammettere che la risposta era sì, naturalmente.
Quella persona era Shane Hatcher.
Continuando a camminare, e guardando dritto davanti a sé, la giovane agente disse tranquillamente. “Non ho avuto successo.”
“Come?” Riley chiese, senza fermarsi.
“I dati finanziari sulla chiavetta USB. Hatcher aveva dei fondi in quei conti. Ma il denaro è stato tutto trasferito, ed i conti sono chiusi.”
Riley fece fatica a non rispondere: “Lo so.”
Dopotutto, Hatcher aveva detto tanto il giorno prima, nel suo messaggio minaccioso.
Per un momento, Riley non seppe che cosa dire. Continuò a camminare senza fare alcun commento.
Jenn pensava che Riley le avesse giocato un tiro mancino, dandole un file fasullo?
Alla fine rispose: “Quel file era tutto ciò che avevo. Non ti sto nascondendo altro.”
Jenn non replicò.
Riley avrebbe voluto avere qualcosa da proporre, per essere creduta.
Si trovò a domandarsi se, rendendo disponibili quelle informazioni prima, avrebbe consentito di imprigionare o addirittura uccidere Hatcher.
Quando raggiunsero la porta dell’ufficio di Meredith, entrambe si fermarono.
Riley iniziò ad agitarsi.
Jenn era ovviamente diretta anche lei nell’ufficio di Meredith.
Perché era presente anche a lei a questo incontro? Aveva riferito a Meredith delle informazioni nascoste da Riley?
Ma Jenn rimase semplicemente lì, continuando a non guardarla.
Riley bussò alla porta del capo, e poi entrambe entrarono nella stanza.
Il Capo Meredith era seduto dietro alla sua scrivania e il suo aspetto intimidiva come sempre.
Disse: “Sedetevi.”
Riley e Jenn obbedirono, occupando le sedie di fronte alla scrivania.
Meredith restò in silenzio per un istante.
Poi, aggiunse: “Agente Paige, Agente Roston, vorrei che deste il benvenuto al vostro nuovo partner.”
Riley soffocò un sussulto. Guardò Jenn Roston, i cui occhi castani si erano spalancati alla notizia.
“Sarà meglio che non sia un problema” Meredith riprese. “Il BAU è oberato di casi al momento. Con l’Agente Jeffreys in licenza e gli altri impegnati, voi lavorerete insieme. Consideratelo un ordine con effetto immediato.”
Riley comprese che il capo aveva ragione. L’unico altro agente con cui avrebbe davvero voluto lavorare era Craig Huang, ma al momento era impegnato a sorvegliare la sua casa.
“D’accordo, signore” Riley si rivolse a Meredith.
Jenn aggiunse: “Sarà un onore per me lavorare con l’Agente Paige, signore.”
Quelle parole sorpresero un po’ Riley. Si chiese infatti, se la giovane fosse proprio sincera.
“Non si ecciti troppo” l’uomo commentò. “Probabilmente, questo caso non sarà troppo impegnativo. Proprio questa mattina, il corpo di un’adolescente è stato trovato sepolto in un terreno coltivato vicino ad Angier, una piccola cittadina dell’Iowa.”
“Omicidio singolo?” Jenn chiese.
“Perché questo è un caso per il BAU?” Riley aggiunse.
Meredith tamburellò con le dita sulla scrivania.
“Immagino che probabilmente non lo sia” l’uomo esclamò. “Ma un’altra ragazza è scomparsa, qualche tempo prima, nella stessa cittadina, e non è ancora stata ritrovata. E’ un posto davvero piccolo, dove questo genere di cose in genere non avviene. La gente del luogo dice che nessuna di quelle ragazze era il tipo che scappava o andava con estranei.”
Riley scosse dubbiosamente la testa.
“Dunque, che cosa fa credere a tutti che sia l’opera di un serial killer?” domandò. “Senza un altro corpo, non è un po’ prematuro?”
Meredith alzò le spalle.
“In effetti, è così che la penso anch’io. Ma il capo della polizia di Angier, Joseph Sinard, è nel panico.”
La fronte di Riley si corrugò al suono di quel nome.
“Sinard” disse. “Dove ho già sentito quel nome?”
Meredith sorrise e disse: “Forse sta pensando all’assistente esecutivo del direttore dell’FBI, Forrest Sinard. Joe Sinard è suo fratello.”
Riley quasi roteò gli occhi. Ora aveva senso. Qualcuno in cima alla piramide alimentare dell’FBI era stato infastidito da un parente che aveva chiesto l’intervento del BAU. Aveva incontrato in passato casi in cui la politica aveva imposto la sua volontà.
Meredith aggiunse: “Dovete uscire da qui e scoprire se ci sia davvero un caso di cui occuparsi.”
“E che ne è del mio lavoro al caso Hatcher?” Jenn Roston chiese.
Meredith rispose: “Sono in tanti ad occuparsene al momento: tecnici, inquirenti e altri. Immagino che abbiano accesso a tutte le sue informazioni.”
Jenn annuì.
Poi Meredith aggiunse: “Possono fare a meno di lei per qualche giorno. Sempre che questo caso richieda tanto tempo.”
Riley stava provando davvero un misto di emozioni.
Non sapeva dire se voleva o meno lavorare con Jenn Roston ed inoltre non intendeva perdere tempo su un caso che probabilmente non avrebbe dovuto neppure arrivare al BAU.
Avrebbe preferito continuare ad insegnare a Blaine a sparare.
O fare altre cose con Blaine, pensò, soffocando un sorriso.
“Allora, quando partiamo?” Jenn chiese.
“Il prima possibile” Meredith rispose. “Ho chiesto al Capo Sinard di non spostare il corpo, finché non arriverete lì. Volerete fino a Des Moines, dove gli uomini del Capo Sinard v’incontreranno e vi accompagneranno fino ad Angier. E’ a circa un’ora da Des Moines. Dobbiamo riempire il serbatoio dell’aereo, e prepararlo alla partenza. Nel frattempo, non allontanatevi troppo. Il decollo avverrà in meno di due ore.”
Riley e Jenn lasciarono l’ufficio di Meredith. Riley andò dritta al suo ufficio, si sedette per un momento, guardandosi intorno senza scopo.
Des Moines, pensò.
Ci era stata soltanto qualche volta, ma era lì che sua sorella maggiore, Wendy, viveva. Le due sorelle, che si erano tenute lontane l’una dall’altra per anni, si erano rimesse in contatto il precedente autunno, quando il padre stava morendo. Era stata Wendy, e non Riley, ad essere accanto all’uomo quando era morto.
Pensare a Wendy fece riemergere in lei il senso di colpa, insieme ad altri brutti ricordi. Il padre era stato duro con Wendy, che era scappata di casa quando aveva solo quindici anni. Riley invece ne aveva cinque. Dopo la morte del padre, si erano promesse di tenersi in contatto, ma finora erano riuscite soltanto a videochattare.
Riley sapeva che avrebbe dovuto far visita alla sorella, quando le fosse stato possibile. Ma ovviamente, non subito. Meredith aveva detto che Angier distava un’ora da Des Moines, e che la polizia locale sarebbe andata a prenderle all’aeroporto.
Forse posso andare a trovare Wendy prima di tornare a Quantico, pensò.
Al momento, aveva un po’ di tempo da perdere prima che l’aereo del BAU decollasse.
E c’era un’altra persona che desiderava incontrare.
Era preoccupata per il suo partner storico, Bill Jeffreys. Viveva vicino alla base, ma erano diversi giorni che non lo vedeva. Bill soffriva della sindrome di PTSD, e Riley sapeva, per sua stessa esperienza, quanto era difficile riuscire a riprendersi.
Tirò dunque fuori il cellulare, e digitò un messaggio.
Pensavo di passare per qualche minuto. Sei a casa?
Attese per qualche minuto. Il messaggio risultava “spedito”, ma non era ancora stato letto.
Riley sospirò. Non aveva tempo di aspettare che Bill controllasse i suoi messaggi. Se lei voleva vederlo, prima di partire, doveva passare a casa sua subito, e sperare che ci fosse.
Il piccolo appartamento di Bill distava solo pochi minuti dall’edificio del BAU, nella città di Quantico. Quando, parcheggiata l’auto, si incamminò verso l’edificio, fu colpita ancora una volta da quanto quel posto fosse deprimente.
Non c’era nulla di particolarmente sbagliato nel condominio: era un ordinario edificio in mattoni rossi. Ma Riley non poteva fare a meno di ricordare quanto fosse bella la casa in periferia, dove Bill aveva vissuto prima del divorzio. Al confronto, quel posto non aveva alcun fascino, e ora lui ci viveva da solo. Non era una situazione felice per il suo migliore amico.
Riley entrò nell’edificio, e si diresse all’appartamento di Bill, posto al secondo piano. Bussò alla porta e aspettò.
Non ci fu alcuna risposta. Allora, bussò di nuovo e ancora nessuno rispose.
Tirò fuori il cellulare e constatò che il messaggio risultava ancora non letto.
Fu assalita da un senso di preoccupazione. Era successo qualcosa a Bill?
Mise la mano sulla maniglia della porta, e la girò.
Con suo grande sconcerto, la porta, che non era stata chiusa a chiave, si aprì.
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