Emily guardò Trevor andarsene nella moltitudine di persone.
Non appena fu sparito, Daniel si voltò verso Emily con un’aria molto preoccupata in viso. “Tutto bene?”
Emily non riuscì a trattenersi. Affondò contro il suo ampio petto, schiacciando il viso sulla sua camicia. “Cosa faccio?” sospirò. “Le tasse rovineranno la mia attività prima ancora che sia cominciata.”
“Assolutamente no,” disse Daniel. “Non lascerò che accada. Trevor Mann non aveva mai mostrato interesse per la tua proprietà finché non sei apparsa tu a trasformarla in qualcosa di appetibile. È solo geloso di quanto migliore sia la tua casa rispetto alla sua.”
Emily cercò di ridere alla sua battuta ma riuscì solo a tirare fuori una debole risatina. Il pensiero di lasciare Daniel e tornare a New York da fallita le pesava sulla testa.
“È vero, però,” disse Emily. “Questo Bed and Breakfast non funzionerà mai.”
“Non parlare così,” disse Daniel. “Andrà tutto bene. Io credo in te.”
“Davvero?” disse Emily. “Perché io ho difficoltà a credere in me stessa.”
“Be’, forse questo è il momento di cominciare a farlo.”
Emily alzò lo sguardo sugli occhi di Daniel. La sua espressione sincera le fece pensare di potercela fare davvero.
“Ehi,” disse Daniel con gli occhi che d’un tratto brillavano maliziosamente. “C’è qualcosa che voglio farti vedere.”
Daniel non sembrò scoraggiato dalla sua tetraggine. Le prese la mano e la spinse tra la folla, conducendola in direzione del porto. Insieme scesero al molo.
“Ta-dan!” esclamò Daniel indicando la bellissima barca, ora riparata, che ondeggiava sull’acqua.
L’ultima volta che Emily aveva visto la barca era appena appena atta alla navigazione. Ora luccicava come fosse nuova.
“Non posso crederci,” balbettò. “Hai sistemato la barca?”
Daniel annuì. “Già. Ci ho messo parecchia fatica e parecchio sudore.”
“Ci credo,” disse Emily.
Le venne in mente di quando Daniel le aveva detto di avere una specie di blocco mentale per quanto riguardava la riparazione della barca, che non sapeva perché ma si sentiva incapace di lavorarci. Vederla adesso rendeva Emily davvero orgogliosa, non solo per via di quanto bene l’avesse sistemata ma perché era riuscito ad andare fino in fondo nonostante i problemi che glielo impedivano. Gli ritornò il sorriso, sentendo un brivido di felicità dentro di sé.
Ma allo stesso tempo si sentì rabbrividire dalla tristezza, perché questo era un altro mezzo di trasporto che poteva portarglielo via. Dai suoi lunghi giri in moto sulla scogliera ai suoi viaggi nelle città vicine con il suo furgone, Daniel era sempre in movimento. Che volesse vedere il mondo, esplorare, era così evidente per lei da essere fuori discussione. Sapeva che presto o tardi Daniel avrebbe avuto bisogno di lasciare Sunset Harbor. Se lei poi sarebbe partita con lui quando il momento fosse venuto, Emily ancora non l’aveva deciso.
Daniel le diede una gomitata schiva. “Dovrei dirti grazie.”
“Perché?” disse Emily.
“Per il motore.”
Era stata Emily a comprargli il motore nuovo, come ringraziamento per tutto l’aiuto che le aveva dato a preparare il Bed and Breakfast, e anche per tentare di incoraggiarlo a riparare la barca.
“Nessun problema,” disse Emily chiedendosi adesso se il regalo le si sarebbe ritorto contro. Se con la riparazione della barca a Daniel sarebbe venuta voglia di prendere e partire.
“Dunque,” disse Daniel indicando la barca, “come ringraziamento, credo che dovresti accompagnarmi nel viaggio inaugurale.”
“Oh!” disse Emily, sorpresa dalla proposta. “Vuoi partire per un giro in barca? Adesso?” Non voleva sembrare così scioccata.
“A meno che tu non preferisca farne a meno,” disse Daniel massaggiandosi il collo, in imbarazzo. “Pensavo a un appuntamento romantico.”
“Sì, certo,” disse Emily.
Daniel saltò nella barca e le allungò una mano. Emily la strinse e gli permise di guidarla giù. La nave dondolava sotto di lei, facendola barcollare.
Daniel accese il motore e condusse la barca fuori dal porto. Attraversarono l’oceano scintillante. Emily inalò profondamente l’aria del mare, guardando Daniel sterzare sull’acqua. Sembrava così a suo agio mentre guidava la barca, proprio come la sua moto sembrava diventare un’estensione di se stesso. Daniel era il tipo di uomo a cui si adattava il moto perpetuo, e mentre lo guardava adesso, Emily vide quanto vivo e felice diventava quando era a caccia di avventura.
Il pensiero la rese ancora più malinconica. Il desiderio di Daniel di esplorare il mondo era più di un semplice sogno; era una necessità. Non c’era verso che potesse rimanere a Sunset Harbor per altro tempo. Nemmeno lei aveva ancora deciso quanto ci sarebbe rimasta. Forse la loro relazione era spacciata. Magari sarebbe sempre stata una cosa effimera, un istante perfetto catturato nel tempo. Il pensiero le rimestò lo stomaco dalla disperazione.
“Cosa c’è che non va?” chiese Daniel. “Non soffri il mal di mare, vero?”
“Forse un po’,” mentì Emily.
“Be’, ci siamo quasi,” aggiunse lui, indicando davanti a sé.
Emily guardò su e vide che si stavano dirigendo verso un’isoletta che ospitava poco più di un paio di alberi e un faro abbandonato. Emily si alzò in piedi, improvvisamente sorpresa.
“OH MIO DIO!” urlò.
“Che c’è?” chiese Daniel con voce spaventata.
“Mio padre aveva un dipinto di quest’isola nella nostra casa di New York!”
“Sei sicura?”
“Al cento percento! Non ci credo! Non sapevo che fosse un dipinto di un posto vero.”
Daniel sgranò gli occhi. Sembrava tanto sorpreso dalla coincidenza quanto Emily.
Le preoccupazioni di Emily svanirono all’inaspettata sorpresa, e rapidamente si tolse le scarpe da ginnastica e i calzini. Aspettò appena che la barca di fermasse prima di saltare giù. Le onde le lambirono gli stinchi. L’acqua era fredda ma quasi non ci fece caso. Corse nell’acqua, fino alla sabbia bagnata della spiaggia, poi proseguì ancora un poco. Si fermò e sollevò le mani a formare un rettangolo di spazio tra le dita e i pollici e chiuse un occhio. Si spostò un pochino in modo che il faro fosse a destra, col sole accanto, e il vasto oceano disteso dall’altra parte. Eccolo! L’angolo esatto del dipinto che si trovava a casa sua!
Non sorprendeva Emily che suo padre avesse avuto quel dipinto. Era ossessionato dagli oggetti di antiquariato – inclusi i pezzi d’arte – ma ciò che la sorprendeva era il fatto che il dipinto fosse finito a casa loro. Sua madre era stata sempre molto brava a tenere separate la loro vita a Sunset Harbor e quella a New York, come se potesse sopportare gli stupidi hobby di suo marito per due sole settimane l’anno, e solo finché fossero rimasti fuori vista, senza invadere in alcun modo la loro casa perfettamente pulita e precisa. Perciò come diavolo era riuscito a farle accettare di appendere un dipinto del faro a casa loro? Forse perché era mascherato da luogo immaginario non si era mai accorta che il dipinto raffigurava in realtà una zona di Sunset Harbor? Emily sorrise tra sé e sé, chiedendosi se suo padre in effetti fosse stato così furbo.
“Ehi,” disse Daniel riportandola al presente. Lei si voltò per vederlo trascinare un cestino sulla sabbia verso di lei. “Sei scappata via!”
“Scusa,” rispose Emily tornando indietro di corsa per aiutarlo. “Cosa c’è qui dentro? Pesa una tonnellata.”
Insieme portarono il cestino da picnic sulla spiaggia e Daniel slacciò la fibbia sollevando il coperchio. Ne prese una coperta scozzese e la distese sulla sabbia.
“My lady,” disse.
Emily sorrise e si sedette sulla coperta. Daniel cominciò a tirare fuori diversi cibi dal cestino, inclusi formaggi e frutta, poi una grossa bottiglia di champagne e due flûte di cristallo.
“Champagne!” esclamò Emily. “Per quale occasione?”
Daniel si strinse nelle spalle. “Nessuna occasione particolare. Solo pensavo che dovremmo festeggiare il tuo primo ospite.”
“Non ricordarmelo,” disse Emily con un gemito.
Daniel fece saltare il tappo di sughero dello champagne e ne versò un po’ nei bicchieri.
“Al signor Kapowski.”
Emily fece cin cin e le labbra le si contrassero in un sorriso. “A Kapowski.” Bevve un sorso, lasciando che le bollicine le scoppiettassero sulla lingua.
“Ancora non ti senti sicura di questa cosa, vero?” chiese Daniel.
Emily fece spallucce, con gli occhi fissi sul liquido nel bicchiere. Ne mandò giù dell’altro e osservò la traiettoria del fiume di bollicine cambiare, distrutta dal movimento, prima di riassestarsi. “È che non ho molta fiducia in me stessa,” disse alla fine, con un profondo sospiro. “Non ho mai raggiunto davvero nessun obiettivo, prima.”
“E il tuo lavoro a New York?”
“Intendo dire nessun obiettivo che volessi.”
Daniel alzò le sopracciglia. “E io?”
Emily non poté trattenersi dal fare un sorrisetto. “Non ti vedo come un obiettivo come…”
“Dovresti,” la interruppe lui allegro. “Un ragazzone stoico come me. Non è che io sia il ragazzo con cui è più facile parlare del mondo.”
Emily rise, poi gli scoccò un lungo e sontuoso bacio sulle labbra.
“Questo per che cos’era?” disse lui una volta che lei si fu scostata.
“Un ringraziamento. Per questo.” Fece un cenno al piccolo banchetto da picnic davanti a loro. “Per essere qui.”
Daniel sembrò allora esitare ed Emily ne capì la ragione: perché essere qui non era qualcosa che Daniel sarebbe mai stato capace di fare del tutto. Viaggiare era nelle sue vene. A un certo punto sarebbe dovuto partire.
E lei? Nemmeno lei aveva pianificato di rimanere a Sunset Harbor. Era lì già da sei mesi – un periodo lungo da passare lontano da New York, lontano da casa sua e dai suoi amici. Eppure, con il sole all’orizzonte che si allungava in raggi arancioni e rosa nel cielo, non poteva pensare a nessun altro posto dove avrebbe preferito essere. In quel momento esatto, proprio lì, tutto era perfetto. Sentiva di vivere in paradiso. Forse poteva davvero fare di Sunset Harbor la sua casa. Forse Daniel avrebbe voluto sistemarsi con lei. Non c’era modo di conoscere il futuro; avrebbe solamente dovuto vivere un giorno alla volta. Alla fin fine poteva rimanere fino a che i soldi non fossero finiti. E se avesse lavorato sodo, se fosse riuscita a far sì che il Bed and Breakfast si sostenesse economicamente, allora quel giorno sarebbe potuto non arrivare ancora per moltissimo tempo.
“A cosa stai pensando?” chiese Daniel.
“Al futuro, immagino,” rispose Emily.
“Ah,” rispose Daniel guardandosi in grembo.
“Non è un buon argomento di conversazione?” chiese Emily.
Daniel si strinse nelle spalle. “Non sempre. Non è meglio godersi il momento e basta?”
Emily non sapeva come prendere quell’affermazione. Era una prova del suo desiderio di lasciare quel posto? O il futuro non era un buon argomento di conversazione perché lui vi vedeva futuri dolori?
“Magari sì,” disse Emily con calma. “Ma a volte è impossibile non pensare a quello che verrà. Va bene anche fare dei piani, non credi?” Cercava di spingere delicatamente Daniel, di carpirgli un minimo di informazioni, qualcosa che potesse farla sentire più salda nella loro relazione.
“Veramente no,” disse lui. “Mi sforzo con tutto me stesso di tenermi focalizzato sul presente. Non preoccuparti del futuro. Non rimuginare sul passato.”
A Emily l’idea che lui si preoccupasse del loro futuro non piaceva, e si costrinse a non chiedere di che cosa ci fosse da preoccuparsi nello specifico. Invece chiese, “C’è molto su cui rimuginare?”
Daniel non aveva rivelato molto sul suo passato. Lei sapeva che aveva viaggiato molto, che i suoi genitori avevano divorziato e che suo padre beveva, che Daniel aveva attribuito al padre di Emily il merito di avergli dato un futuro.
“Oh sì,” disse Daniel. “Moltissimo.”
Tornò di nuovo silenzioso. Emily voleva che dicesse altro ma sapeva che non poteva. Si chiese se lui sapesse con quanta forza lei desiderasse essere la persona con cui lui si sarebbe confidato.
Ma con Daniel ci voleva sempre pazienza. Avrebbe parlato quando fosse stato pronto, se mai fosse stato pronto.
E se quel giorno fosse venuto, lei sperava che sarebbe stata ancora lì per ascoltarlo.
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