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Capitolo Tre

Mentre Rachel si faceva strada lungo il flusso di ragazzi che entravano nella scuola, si sentì completamente sola. Mark e Sarah erano spariti nella folla, e lei fu spinta e trascinata, mentre cercava di avvicinarsi alla porta dell'AHS. Quella scuola era molto grande, molto più grande della sua piccola scuola pubblica in Pennsylvania. I corridoi odoravano di candeggina e cibo della mensa, che le fece bruciare il naso.

Appena Rachel entrò, sentì grida e urla di gioia, provenienti da amici che si erano riuniti per la prima volta dopo parecchio tempo. Frugò nel suo zaino, provando a trovare il suo programma studentesco. Non riusciva a individuare il numero della sua aula dell'appello, o il numero del suo armadietto. Stando nel bel mezzo del corridoio, frugò nella sua borsa, ma non riusciva a trovare niente di ciò. Sentiva i ragazzi che le passavano accanto, lungo il corridoio e verso le loro aule dell'appello.

Estrasse la sua FiloFax. Sfogliò le pagine, cercando. Ma il suo programma e le informazioni sull'armadietto sembravano non esserci affatto.

Sentendosi disperata, Rachel si guardò intorno in cerca di aiuto. Vide due ragazze venire verso di lei, ridendo e sussurrando, e sperò che si fermassero ad aiutarla, ma non la notarono neanche.

Il chiacchiericcio di voci si abbassò, mentre le porte degli armadietti cominciarono a chiudersi.

DRIIN. Il suono della prima campanella.

Improvvisamente, un ragazzo si scontrò con lei, finendo per farle perdere l'equilibrio e cadere.

“Scusa!” il ragazzo le gridò, passandole davanti, senza neanche fermarsi a vedere se stesse bene.

Rachel restò lì, trattenendo le lacrime. Non riusciva a credere che il suo primo giorno stesse cominciando così male.

Cominciò a camminare velocemente, sperando di trovare l'ufficio principale. Mentre si dirigeva verso la parte anteriore dell'edificio, strizzando gli occhi, vide una piccola e poco appariscente insegna, che diceva “Ufficio Principale”. Spinse la pesante porta di vetro ed entrò.

“Buongiorno, cara,” disse una simpatica donna anziana dietro ad una scrivania. “Sei già nei guai?” le chiese ridendo.

“Io – Io ecco – ho perso il mio programma. Sono nuova. Rachel Wood.”

“Bene, vediamo un po',” la receptionist disse, mentre digitava sulla tastiera dell'iMac. “Ah ha – Rachel Wood: secondo anno. Sei nell'aula d'appello del Signor Allen. Stanza 102.”

La donna stampò una copia del programma per Rachel, e gliela consegnò: “Buona fortuna.”

“Grazie.”

Rachel percorse il corridoio che odorava di candeggina, dirigendosi verso il suo armadietto. Era l'unica rimasta negli ampi, vuoti corridoi, e sapeva che era un cattivo segno. Doveva essere in ritardo. Molto in ritardo.

Lo zaino di Rachel era pesante, e aveva bisogno di svuotarlo prima di entrare in classe. Mentre si precipitava attraverso i corridoi, una calma s'impossessò di lei. Le piastrelle blu sul pavimento la fecero sentire come se stesse camminando nell'oceano, e gli armadietti erano di un giallo chiaro, che mise a suo agio la mente della ragazza. Osservò i numeri in ordine crescente, fino a quando non giunse al numero 74. Afferrò la maniglia, aprì la porta e infilò dentro i libri, lasciando fuori una penna e un quaderno. Chiuse la porta e inserì la combinazione del lucchetto. 36-32-26. Rachel si annotò il codice sulla mano con la sua penna blu Bic, poi si diresse all'aula numero 102.

Rachel deglutì e spinse la porta, aprendola. Tutti erano tranquillamente seduti nei loro banchi, con il volto rivolto verso il Signor Allen, mentre parlava, e si voltarono a guardarla. Era tutto ciò che non avrebbe voluto accadesse durante il suo primo giorno. Lei notò i ragazzi, in fondo all'aula, cominciare a sussurrare, mentre la osservavano sull'uscio.

“Ah, Rachel Wood, presumo?” disse il Signor Allen.

Rachel annuì.

“Primo giorno e già in ritardo,” lui proseguì.

“Mi dispiace – ecco sono – nuova e mi sono persa,” Rachel borbottò.

Si elevò una risata dal fondo dell'aula.

“Che non ricapiti. Quello è il tuo posto,” il Signor Allen disse, indicando l'unico posto vuoto nell'aula. Era frontale e centrale.

Non appena Rachel si diresse al suo posto e si sedette, la classe stette in silenzio. Fu un silenzio intimidatorio. L'insegnante guardò di nuovo Rachel, come per dire, Ti tengo d'occhio, poi continuò la lezione.

“Dov'ero?” il Signor Allen proseguì, “Oh sì. Quest'anno, studieremo molte cose nell'ambito degli studi sociali, a partire dai pellegrini, ad Abramo Lincoln fino alla Guerra Fredda. Avrete dei compiti ogni sera, e mi aspetto che ognuno di voi li svolga.”

Rachel si sedette e cominciò a prestargli ascolto. Mentre la voce irritante del professore calò di tono, lei si chiese chi fosse quell'insegnante. Non avrebbe potuto essere più brusco o imbarazzante.

Voleva disperatamente voltarsi e dare un'occhiata ai nuovi compagni di classe. Si trattenne, temendo di essere scoperta dal Signor Allen. Era anche nervosa al vedere circa una ventina di nuovi volti, che avrebbe visto ogni mattina per il resto dell'anno scolastico.

Rachel si disse che, forse, se fosse rimasta seduta tranquillamente, guardando in avanti, tutto ciò sarebbe svanito. Non avrebbe dovuto uscire dal guscio per farsi dei nuovi amici.

Rachel sentì un colpetto alla schiena. Si girò.

“Puoi passarglielo?” una graziosa ragazza bionda stava indicando un'altra ragazza, seduta dall'altra parte di Rachel.

“Certo,” Rachel disse, mentre si allungò, prendendo furtivamente il bigliettino. Il Signor Allen andò alla lavagna, e Rachel passò rapidamente il bigliettino.

La ragazza lo aprì e cominciò a leggere. Mentre leggeva il bigliettino, Rachel poté sentire la sua risatina e la vide portarsi una mano sulla bocca per mascherare il suono. Rachel notò la ragazza guardarla furtivamente mentre stava ancora leggendo il bigliettino. Ogni volta che guardava verso Rachel, rideva ancora di più.

Rachel si sentì così a disagio. Tutto ciò che voleva era scomparire. Dette un'occhiata alle sue scarpe, ai pantaloni, alla maglietta e alla borsa, senza riuscire ad immaginare che cosa ci fosse di tanto buffo.

Rachel pensò che le cose non potessero peggiorare ulteriormente, pertanto decise di girarsi parzialmente nella sua sedia, per vedere chi fosse seduto intorno a lei. Vide un misto di ragazzi e ragazze. Poté affermare, sin da una prima occhiata, che il modo in cui erano vestiti era diverso dal suo. Aveva dimenticato una nota secondo cui leggings e t-shirt non andavano bene il primo giorno di scuola?

Rachel guardò i loro volti, notando che tutti la osservavano freddamente. Si chiese se qualcuno sorridesse all'AHS.

Verso l'angolo estremo dell'aula, Rachel vide una ragazza dall'aspetto nella media, con capelli neri e occhiali, scrivere sul suo quaderno. La ragazza sollevò lo sguardo, cogliendo quello di Rachel. Sorrise brevemente a Rachel, e poi tornò a scrivere.

Rachel si sentì molto meglio, a starsene seduta lì. Una nuova ondata di fiducia riempì il suo corpo, e per la prima volta, si chiese se forse non sarebbe stato così terribile.

Rachel scrutò ancora l'aula con la coda dell'occhio, e il suo sguardo si posò su un ragazzo carino. Era il tipico atleta americano. Aveva capelli biondo scuro, occhi verdi, pelle perfetta e indossava jeans attillati e la sua maglia da football. N. 80. Rachel non riuscì a scorgere la schiena, ma era ansiosa di scoprire il suo cognome.

“Psst.” La ragazza che aveva appena letto il bigliettino stava provando ad attirare l'attenzione di Rachel. Quest'ultima la ignorò.

“Hei, scusa, ripassalo.” La ragazza gettò il bigliettino sul banco di Rachel.

Il Signor Allen si diresse improvvisamente verso il banco di Rachel, raccolse il bigliettino e lo tenne tra le mani.

“Questo che cos'è?” lui chiese, fissando Rachel.

Rachel era silenziosa e scrollò le spalle.

“Ascolta: puoi essere nuova, ma sai che passarsi bigliettini non è permesso,” il Signor Allen disse, prendendo il bigliettino. Rachel poi lo vide dirigersi al suo registro, prendere nota e poi tornò a guardarla.

Rachel guardò verso la ragazza, e gettò il bigliettino sul suo banco, ma lei non ricambiò lo sguardo.

DRIIN. Suonò la seconda campanella.

Rachel sentì il suono dei quaderni chiudersi bruscamente, e il rumore metallico delle gambe delle sedie sul pavimento. Le voci s'innalzarono mentre lei si avvicinò al corridoio, e appena il ragazzo con la maglia da football le passò davanti, la sua mano dette un colpo al suo grosso bicipide.

Sulla parte posteriore della sua maglia c'era scritto Greene. Rachel prese un appunto mentale. Greene, n.80. Era più bello di qualsiasi altro ragazzo che avesse mai visto in Pennsylvania.

Le successive poche ore di lezione furono noiose rispetto a quanto Rachel aveva vissuto all'interno dell'aula dell'appello. Affrontò il tipico primo giorno a matematica, scienze e letteratura, e poi si trovò a dirigersi da sola verso la mensa, tenendo nel palmo sudato della sua mano i quattro dollari spiegazzati.

La ragazza entrò nella grande mensa, che sentì essere il posto più scoraggiante dell'intera scuola. Eccolo, il suo primo “vero” assaggio di come fosse davvero l'AHS.

Quando passò attraverso le due porte doppie, che la condussero nel grosso spazio aperto, vide dei lunghi tavoli blu, con panche attaccate ad essi. Dovevano essercene 20 disposti in tutta la mensa, in file ordinate. L'odore del cibo di massa prodotto per la scuola si mescolava con l'aria già stantìa. Il chiacchiericcio degli studenti si elevò in alto, nelle sue orecchie, mentre cercava la fila per i pasti.

Rachel lesse il menù:

Polpettone: $7.50

Panino al Tonno: $5.50

Formaggio Grigliato: $5.00

Patatine: $2.50

Biscotto: $1.50

Succo: $2.00

Rachel guardò nel palmo della sua mano, le quattro banconote umide. Si rese conto che non sarebbe andata lontano in quella scuola, e oltrepassò la fila dei pasti caldi, mentre lo stomaco le brontolava.

Rachel si recò verso un sacchetto di Fritos e un biscotto, pagò alla cassa, e uscì dalla porta opposta.

Quando lasciò la fila per il pranzo ed entrò di nuovo nella grande sala della mensa, notò che era diventata ancora più affollata. Tutti i tavoli erano occupati, e tutti stavano già mangiando. Apparentemente, non era figo comprare cibo caldo all'AHS. Tutti si erano portati il pranzo da casa, e guardò la quantità di involtini, insalate e panini freschi che erano sparsi su ogni tavolo.

Quando Rachel guardò tutti i ragazzi, si sentì parte di un cliché di un film per adolescenti. Una nuova ragazza nella mensa, senza amici, che provava a cercare un posto dove sedersi e mangiare.

Lei continuò a camminare, cercando un tavolo a cui sedersi. Passò davanti a un tavolo pieno di ragazzi con l'aspetto da sfigati, tutti con i loro computer portatili e libri di scuola.

Ad un altro tavolo, Rachel vide un gruppo di ragazzi grunge punk, con pantaloni larghi, portachiavi, capelli colorati e la matita nero scuro sugli occhi.

Ad un altro tavolo sedeva un gruppo di ragazze carine, e Rachel poté sentirle esultare. Pensò che fossero cheerleader. Questo le rammentò del suo piano di provare a entrare a far parte della squadra di cheerleader della sua vecchia scuola. Dette un'altra occhiata a quelle ragazze, e non sentiva di appartenere alla loro stessa squadra.

Al tavolo accanto a quello delle ragazze carine, sedeva Greene con la sua maglia n.80. Sedeva lì insieme ad altri dieci atleti: alcuni con le loro maglie da football, e altri nei loro vestiti da figli di papà.

Rachel si avvicinò ad un tavolo dietro a quello di Greene, occupato da poche persone. Nessuno parlava con gli altri, e tutti avevano lo sguardo basso, consumando tranquillamente il loro pasto. La ragazza trovò un posto vuoto e vi si sedette.

Nessuno sollevò neanche lo sguardo per scoprire chi altro avesse occupato il tavolo. Rachel provò un soffocante senso di solitudine, e mangiò tranquillamente il suo pranzo a base di Fritos. Non voleva rimanere seduta in quella mensa, sentendosi anonima e sola, più di quanto fosse necessario.

Mentre masticava le patatine, non poté fare a meno di notare quanto Greene fosse carino.

“Hei Rob, guarda qua,” un ragazzo seduto al tavolo di Greene disse, dandogli qualcosa.

Rob Greene Rachel pensò tra sé e sé. Ora conosceva anche il suo nome.

Rob era uno dei ragazzi più belli che lei avesse mai visto. I suoi sottili capelli biondi finirono sugli occhi verdi, e lui li spostò con le punte delle dita. Rachel voleva disperatamente che lui la notasse. Il suo cuore cominciò a battere più forte, e realizzò di aver preso la sua prima cotta all'AHS.

La mente di Rachel cominciò a vagare, e improvvisamente ricordò la cotta che aveva preso in Pennsylvania, Alex, per cui aveva perso la testa durante tutto il primo anno di liceo. Lui non era per niente come Rob. Alex aveva capelli castano scuro, occhi castani e non si vestiva affatto così bene. Era logico affermare che Rachel non avesse un “tipo” specifico. Era attratta da tutti i ragazzi, per varie ragioni inspiegabili – neanche lei riusciva a comprendere.

Rachel afferrò il suo biscotto e lo portò con sé, mentre usciva dalla mensa. Dette un'occhiata al suo orologio: mancavano altri dodici minuti alla settima ora di lezione. Cominciò a vagare per i corridoi senza meta, sentendosi sola e timida.

Giunse alla stanza degli armadietti della palestra delle ragazze. Sulla parete fuori, c'era una grande bacheca, con appese notizie, annunci, un calendario e volantini. Gli occhi le si soffermarono su una foto della squadra delle cheerleader della scuola AHS. Sotto la foto si leggeva:

Audizioni – 9 settembre h15 nella Palestra

Rachel prese un volantino e lesse attentamente.

Restano soltanto pochi posti. Ti piace il football? Ti piace ballare?” A matita qualcuno aveva scritto, (Ti piacciono i bei ragazzi in divisa?) “Hai lo spirito della AHS?
Se è così, allora vieni alle audizioni domani!
Allenatore Glass”

Rachel piegò il volantino e lo mise nella sua Filofax. Il pensiero di entrar a far parte della squadra le diede i brividi. Sapeva che doveva fare le audizioni.

Rachel controllò di nuovo l'orologio: altri cinque minuti alla fine del pranzo. Camminò su e giù lungo i corridoi vuoti. Passò davanti alla mensa, e vide gruppi di amici chiacchierare e divertirsi. Rachel avrebbe voluto trovare un'amica- soltanto una.

Rachel passò davanti all'ufficio della receptionist nei corridoi.

“Hai trovato tutto, cara?” la receptionist chiese in una voce dolce e confortante.

“Sì, sto soltanto andando al bagno,” Rachel disse, provando a far sembrare meno ovvio che stesse passeggiando avanti e indietro nei corridoi da sola, senza alcuna meta.

Infine, la campanella suonò e sciami di ragazzi invasero il corridoio.

Altre due ore di lezione e ho finito, Rachel pensò tra sé e sé. Le diede un senso di sollievo sapere che la giornata scolastica stava per volgere al termine.

Le due ultime lezioni furono dolorosamente lente. Passò in entrambi le classi, con la mente vagante. Si chiese che cosa Dana e tutti i suoi amici in Pennsylvania stessero facendo. Li immaginò godersi il primo giorno di scuola e pianificare i loro finesettimana insieme.

DING DING DING. Lo speaker parlò forte. Erano gli annunci di fine giornata.

“Bentornati AHS! Speriamo che abbiate trascorso un grandioso primo giorno di scuola, e noi siamo così felici di vedere tutte le vostre facce sorridenti. Non dimenticate le audizioni domani per tutti gli sport alle 3 del pomeriggio. Consultate la bacheca per i luoghi delle audizioni. Vi auguriamo una grandiosa prosecuzione della giornata, e non dimenticate di fare i compiti!”

DRIIN.

L'ultima campanella suonò. Rachel aveva finito. Sentì un'ondata di libertà scorrerle in tutto il corpo, mentre usciva dall'aula e entrava nei corridoi. Raccolse tutte le sue cose nell'armadietto e si diresse verso l'auto della madre.

Uscendo, Rachel passò davanti a suo fratello Mark, che stava camminando felicemente insieme ad altri due ragazzi. Quando Mark la vide, la salutò e poi guardò intorno a lei. Rachel comprese che si stava chiedendo perché stesse camminando tutta sola.

Quando Rachel uscì fuori, vide sua madre dietro le ruote della Station wagon. Era la prima in fila, parcheggiata proprio di fronte alla scuola. La donna suonò due volte il clacson, abbassando i finestrini e salutando Rachel e Mark. Rachel ne fu mortificata.

Entrò in auto con la mano che le copriva il volto, sperando che nessuno la stesse guardando. L'auto si trattenne per pochi secondi ancora, quando Mark entrò. La mamma di Rachel si spostò di pochi metri, aspettando che anche Sarah uscisse. Per pochi e lunghi minuti rimasero fermi, finché Sarah uscì dalle porte d'ingresso, sorridendo e scambiandosi numeri di cellulare con il suo nuovo gruppo di amiche.

Rachel fu sopraffatta dalla gelosia. Era l'unica a non fare amicizia?

Sarah aprì lo sportello dell'auto e disse, “Starò un po' con le ragazze. Torno più tardi – mi riporteranno loro a casa.”

“Ok, tesoro, divertiti. Sono così felice che tu abbia delle nuove amiche!” la madre disse, mentre Sarah chiuse lo sportello e tornò dalle nuove amiche.

Perché non posso essere io?

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