I soldi, e si trattava di molti soldi, erano in contanti. Borse di tela piene di nuove banconote da cento dollari lasciate nel bagagliaio di una berlina a nolo all’aeroporto nazionale Reagan. Una valigetta in pelle con mezzo milione di dollari in pezzi da dieci, da venti e da cinquanta serie 1974 e 1977 in attesa in un armadietto di una palestra nei sobborghi di Baltimora. Erano banconote vecchie, ma non erano mai state toccate – ed erano buone come qualsiasi altra banconota raffigurante il generale Grant battuta nel 2013.
Due giorni prima, Brown aveva ricevuto un messaggio che gli diceva di recarsi in quella casa. Era casa sua fino ad aggiornamento ulteriore, e il suo lavoro era gestirla. Se si faceva vedere qualcuno, lui era a capo di tutto. Okay. Brown era bravo in molte cose, e una di queste era fare il capo.
Ieri mattina qualcuno aveva fatto saltare per aria la Casa Bianca. Il presidente e la vicepresidente erano fuggiti nel bunker di Mount Weather, con circa la metà dei civili del governo. La notte scorsa qualcuno aveva fatto saltare per aria Mount Weather con tutti i suoi ragazzetti ancora dentro. Un paio di ore dopo un nuovo presidente era salito alla ribalta, l’ex vicepresidente. Bello.
Un capovolgimento totale, dai liberali che conducevano lo show ai conservatori, e tutto era accaduto nel corso di una giornata. Naturalmente il pubblico aveva bisogno di dare la colpa a qualcuno, e i signori delle notizie avevano puntato il dito contro l’Iran.
Brown aspettava di vedere cosa sarebbe accaduto ancora.
A tarda notte, quattro uomini erano arrivati al molo con un motoscafo. Portavano quella donna e il bambino. I prigionieri appartenevano a qualcuno che si chiamava Luke Stone. Apparentemente la gente pensava che Stone avrebbe potuto trasformarsi in un problema. Quella mattina, fu chiaro di che genere di problema si trattasse.
Quando il fumo si era disperso, tutti i loro piani erano andati a gambe all’aria nel giro di qualche ora. Ed ecco Luke Stone, a cavallo delle macerie.
Però Brown aveva ancora sua moglie e suo figlio, e non aveva idea di cosa farsene. Le comunicazioni erano interrotte, per usare un eufemismo. Probabilmente avrebbe dovuto ucciderli e abbandonare la casa, ma invece aveva aspettato ordini che non erano mai arrivati. Adesso c’era un Verizon FIOS di fronte alla casa, e un indeterminato peschereccio con ponte di volo a un centinaio di metri.
Pensavano che fosse scemo? Gesù. Si vedevano arrivare a un miglio di distanza.
Andò in corridoio. C’erano due uomini. Entrambi sui trentacinque, con capelli assurdi e barbe lunghe – agenti delle forze speciali da una vita. Brown riconosceva il look. Riconosceva anche il loro sguardo. Non era di paura.
Era eccitazione.
“Qual è il problema?” disse Brown.
“Nel caso in cui non avesse notato, stiamo per essere colpiti.”
Brown annuì. “Lo so.”
“Non posso andare in prigione,” disse Barba 1.
Barba 2 annuì. “Neanch’io.”
Brown era con loro. Anche prima di tutto questo, se l’FBI avesse scoperto la sua vera identità avrebbe scontato molte sentenze a vita. E adesso? Che importa. Avrebbero potuto volerci mesi per identificarlo, e nel frattempo sarebbe rimasto in una prigione di contea da qualche parte, circondato da criminali di poco conto. E per come si erano messe le cose, non poteva fare affidamento su un angelo che scendesse dal cielo per risolvere tutto.
Eppure era calmo. “Questo posto è più resistente di quel che sembra.”
“Sì, ma non c’è via d’uscita,” disse Barba 1.
Vero.
“Allora li teniamo lontani, e vediamo se riusciamo a negoziare qualcosa. Abbiamo degli ostaggi.” Brown smise di crederci nel momento in cui le parole gli uscirono di bocca. Negoziare cosa, un passaggio? Un passaggio per dove?
“Non negozieranno con noi,” disse Barba 1. “Ci mentiranno finché un cecchino non avrà campo libero per sparare.”
“Okay,” disse Brown. “Allora voi cosa volete fare?”
“Combattere,” disse Barba 2. “E se ci abbattono voglio venire quassù per piantare un proiettile nella testa dei nostri ospiti prima di beccarmene uno io.”
Brown annuì. Si era già trovato in tante situazioni difficili, e aveva sempre trovato un modo di uscirne. Poteva esserci una via d’uscita anche qui. Ci pensò, ma a loro non lo disse. Solo alcuni topi potevano abbandonare la nave.
“Giusto,” disse. “È quello che faremo. Adesso prendete posizione.”
Luke si strinse nel pesante giubbotto tattico. Il peso gli piombò addosso. Assicurò la cintura del giubbotto, togliendosi un po’ di peso dalle spalle. I pantaloni cargo erano abbinati a un giubbotto antiproiettile Dragon Skin leggero. Per terra ai suoi piedi c’era un elmetto con attaccata una mascherina di seconda mano.
Lui e Ed si trovavano dietro al portabagagli aperto della Mercedes. Il finestrino fumé li nascondeva un po’ dalle finestre della casa. Ed si posò contro l’auto per sostenersi. Luke tirò fuori la sedia a rotelle, la aprì e la mise a terra.
“Fantastico,” disse Ed scuotendo la testa. “Ho la mia carrozza, sono pronto per la battaglia.” Gli sfuggì un sospiro.
“Ecco come funziona,” disse Luke. “Noi non stiamo qui a gingillarci. Quando entrerà, la SWAT probabilmente punterà le armi contro la porta del portico che guarda al molo e abbatterà la porta posteriore. Non credo che funzionerà. Scommetto che la porta sul retro è di doppio acciaio e che non si muoverà di un millimetro, e che il portico si trasformerà in una tempesta di fuoco. Lì dentro ci sono dei fantasmi, e non tengono coperte le uscite? Ma dai. Credo che i nostri verranno costretti a ritirarsi. Sperando che nessuno venga colpito.”
“Amen,” disse Ed.
“Io seguirò l’azione iniziale. Con questo.” Luke prese un mitragliatore Uzi dal bagagliaio.
“E questo.” Prese un fucile a pompa Remington 870.
Soppesò entrambe le armi. Erano pesanti. Il loro peso era rassicurante.
“Se i poliziotti entrano e mettono in sicurezza il posto, fantastico. Se non ce la fanno, non abbiamo tempo da perdere. L’Uzi ha proiettili corazzati ad altra pressione di fabbricazione russa. Dovrebbero penetrare la maggior parte dei giubbotti antiproiettile che probabilmente indossano i cattivi. Ho mezza dozzina di caricatori del tutto pieni, nel caso in cui mi servissero. Se li finisco nel mezzo della battaglia, passo al fucile a pompa. Poi farò a brandelli gambe, braccia, colli e teste.”
“Sì, ma come hai intenzione di entrare?” disse Ed. “Se non ce la fa la polizia, come entri tu?”
Luke andò al SUV e ne prese un lanciagranate M79. Sembrava un grosso fucile a canne mozze con fusto in legno. Lo porse a Ed.
“Mi farai entrare tu.”
Ed prese l’arma tra le grosse mani. “Bellissimo.”
Luke andò a prendere due scatole di granate M406, quattro per scatola.
“Voglio che risali l’isolato dietro alle macchine parcheggiate fin dall’altra parte della strada. Appena prima di arrivare aprimi un bel buco attraverso il muro. Quelli saranno concentrati sulle porte, si aspetteranno che i poliziotti cerchino di buttarle giù. Noi invece gli tireremo una granata proprio in grembo.”
“Carino,” disse Ed.
“Dopo la prima botta, lanciagliene un’altra per sicurezza. Poi sta’ giù e fuori pericolo.”
Ed fece scorrere la mano sulla canna del lanciagranate. “Credi che sia sicuro agire così? Cioè… ci sono i tuoi là dentro.”
Luke fissò la casa. “Non lo so. Ma nella maggior parte dei casi che ho visto la stanza dei prigionieri è tenuta di sopra o nel seminterrato. Siamo sulla spiaggia e il livello freatico è troppo alto perché ci sia un seminterrato. Perciò immagino che se sono in quella casa si trovino al piano superiore, in quell’angolino a destra, quello senza finestre.”
Controllò l’ora. 16:01.
In quel preciso istante un corazzato blu svoltò l’angolo ruggendo. Luke e Ed lo osservarono passare. Era un Lenco BearCat con blindatura in acciaio, bocche da fuoco, faretti e tutto il resto.
Luke sentì qualcosa nel petto. Era paura. Era terrore. Aveva trascorso le ultime ventiquattr’ore fingendo di non provare nulla nel sapere che degli assassini mercenari avevano sua moglie e suo figlio. Ogni tanto i veri sentimenti che provava minacciavano di farsi sentire con violenza. Ma li ricacciò indietro di nuovo.
Non c’era spazio per i sentimenti, in quel momento.
Abbassò lo sguardo su Ed. Era sulla sedia a rotelle, con il lanciagranate in grembo. Aveva un’espressione dura. Aveva gli occhi freddi come l’acciaio. Ed era un uomo che viveva secondo i suoi valori, Luke lo sapeva. Quei valori includevano la lealtà, l’onore, il coraggio e l’applicazione di una forza soverchiante quando era giusto, e corretto. Ed non era un mostro. Però in quel momento avrebbe anche potuto esserlo.
“Sei pronto?” disse Luke.
Ed cambiò a malapena espressione. “Sono nato pronto, uomo bianco. La domanda è: tu lo sei?”
Luke caricò le armi. Raccolse l’elmetto. “Sono pronto.”
Si fece scivolare il liscio elmetto nero sulla testa, e Ed fece lo stesso col suo. Luke abbassò la visiera. “Interfono acceso,” disse.
“Acceso,” disse Ed. Pareva che Ed si trovasse nella sua testa. “Ti sento forte e chiaro. Adesso cominciamo.” Ed prese a scivolare dall’altra parte della strada.
“Ed!” disse Luke alla schiena dell’uomo. “Voglio un grosso buco in quel muro. Una cosa attraverso la quale possa passare.”
Ed sollevò una mano e proseguì. Un attimo dopo si trovava dietro la linea delle macchine parcheggiate sulla strada, e fuori vista.
Luke lasciò il bagagliaio aperto. Ci si accucciò dietro. Accarezzò tutte le armi. Aveva un Uzi, un fucile a pompa, una pistola e due coltelli, nel caso in cui si fosse arrivati a quello. Fece un respiro profondo e alzò gli occhi sul cielo azzurro. Lui e Dio non si scambiavano grandi chiacchierate. Sarebbe stato utile se un giorno avessero potuto chiarirsi su alcune cose. Se Luke aveva mai avuto bisogno di Dio, ne aveva bisogno adesso.
Una grossa e lenta nuvola bianca attraversò l’orizzonte.
“Ti prego,” disse Luke alla nuvola.
Un attimo dopo cominciò la sparatoria.
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