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Capitolo 5

Luke e Don, di nuovo in abiti normali, percorrevano velocemente il corridoio dell’ospedale con l’elegantone dell’unità antiterrorismo del NYPD. Luke non aveva neanche capito come si chiamasse il tizio. Nella sua testa lo chiamava Tre-Pezzi. Stava per dare al tizio gli ordini. Dovevano far delle cose, e per questo avevano bisogno della cooperazione della città.

Stava prendendo il comando, come tendeva sempre a fare. Diede un’occhiata a Don, e lui gli diede il suo consenso con un cenno. Ecco perché Don si era portato dietro Luke: perché prendesse il comando. Diceva sempre che Luke era nato per fare il quarterback.

“Voglio contatori Geiger su ogni piano,” disse Luke. “Da qualche parte lontano dal pubblico. Non abbiamo percepito alcuna radiazione fino al sesto piano sotterraneo, ma se comincia a salire dobbiamo far uscire tutti, e velocemente.”

“L’ospedale ha pazienti tenuti in vita artificialmente,” disse Tre-Pezzi. “È difficile spostarli.”

“Vero. Allora cominciamo a organizzarci per l’evacuazione adesso.”

“Okay.”

Luke proseguì. “Avremo bisogno di un intera squadra di emergenza quaggiù. Ci serve che quel corpo venga portato su, non importa quanto sia contaminato, e ci serve che tutto venga fatto velocemente. La ripulitura può aspettare finché non abbiamo il corpo.”

“Afferrato,” disse Tre-Pezzi. “Lo metteremo in una bara saldata in piombo, e lo porteremo al coroner in un camion di contenimento radioattivo.”

“Si può fare silenziosamente?”

“Certo.”

“Ci serve un match per le impronte dentali, il DNA, cicatrici, tatuaggi, lesioni chirurgiche, qualsiasi cosa possiamo trovare. Una volta avuti i dati, passali a Trudy Wellington del nostro team. Ha accesso a database preclusi al tuo gruppo.”

Luke tirò fuori il telefono e compose un numero con la selezione rapida. Lei rispose al primo squillo.

“Trudy, dove sei?”

“Sono con Swann sulla Quinta Strada, dietro a una delle nostre macchine, stiamo andando al centro di comando.”

“Senti, ho…” Guardò Tre-Pezzi. “Come ti chiami?”

“Kurt. Kurt Myerson.”

“Ho Kurt Myerson del NYPD qui con me. È con l’unità antiterrorismo. Porteranno su il corpo. Ho bisogno che gli parli per avere le impronte dentali, il DNA, qualsiasi identificatore. Quando hai i dati, voglio sapere il nome, l’età, il paese di origine, i colleghi, tutto di questo tizio. Devo sapere dove è stato e cosa ha fatto negli ultimi sei mesi. E ho bisogno di tutto ieri.”

“Ricevuto, Luke.”

“Fantastico. Grazie. Ti passo Kurt, ti darà il suo numero diretto.”

Luke porse a Kurt il telefono. I tre uomini attraversarono una serie di doppie porte, rallentando di pochissimo. In un attimo, Kurt ritornò il telefono a Luke.

“Trudy? Sei sempre lì?”

“Dove altro potrei essere?”

Luke annuì. “Bene. Un’ultima cosa. Le telecamere di sorveglianza sono spente qui nell’ospedale, ma ce ne saranno in tutto il circondario. Quando arrivi al centro di comando, prendi un paio dei nostri. Fagli scoprire tutto quello che possono nel raggio di cinque isolati dal posto, e tirami fuori delle registrazioni video, facciamo dalle 8 della sera fino all’1:00 di notte. Voglio dare un’occhiata a ogni veicolo commerciale o di consegna che si è avvicinato all’ospedale in quelle ore. La priorità massima va ai furgoncini delle consegne, ai camion del pane, degli hot dog, cose del genere. Qualsiasi cosa di piccolo, comodo, che possa trasportare un carico nascosto. Di minore priorità sono gli articolati, gli autobus e le ruspe, ma non lasciarteli sfuggire. La priorità più bassa va ai camper, ai pick-up e ai SUV. Voglio degli screen delle targhe, e voglio la proprietà dei veicoli tracciati. Se ne trovi uno di sospetto, cerca altre videocamere per quel veicolo su un raggio più ampio, e scopri dove è andato.”

“Luke,” disse lei, “Avrò bisogno di più di un paio di persone per questo.”

Luke ci pensò su per qualche secondo. “Okay. Sveglia alcuni di quelli a casa, portali al quartier generale dell’SRT, e inoltragli le targhe. Possono ricavare i nomi dei proprietari da lì.”

“Ricevuto.”

Riattaccarono. Luke tornò a concentrarsi sul momento presente, e gli venne in mente qualcos’altro. Guarò Kurt Myerson.

“Okay, Kurt. Ecco la cosa più importante. Questo ospedale deve essere chiuso. Gli impiegati che erano di turno stanotte devono essere raggruppati e isolati. La gente chiacchiererà, lo capisco, ma dobbiamo tenere tutto fuori dalla portata dei media finché possiamo. Se viene fuori qualcosa, ci sarà il panico, ci saranno diecimila telefonate di false piste alla polizia, e i cattivi seguiranno le indagini passo passo alla tv. Non possiamo permettere che succeda.”

Attraversarono un’altra serie di doppie porte fino all’ingresso principale dell’ospedale. Tutta la facciata dell’ingresso era di vetro. Molte guardie della sicurezza stavano in piedi vicino alle porte principali chiuse.

Fuori era il casino. Una folla di reporter si spingeva contro le barriere della polizia sul marciapiedi. Fotografi schiacciati contro le finestre, che scattavano foto degli interni dell’ingresso. Dieci furgoni dei telegiornali erano parcheggiati uno dietro all’altro sulla strada. Mentre Luke guardava, tre diversi reporter della tv stavano filmando proprio davanti all’edificio.

“Dicevi?”

Capitolo 6

5:10 a.m.

Dentro a un furgone

Eldrick era malato.

Sedeva nel retro del furgone, abbracciandosi le ginocchia, chiedendosi in cosa si fosse cacciato. Ne aveva vista di merda in prigione, ma niente del genere.

Di fronte a lui, Ezatullah era al telefono, urlava qualcosa in farsi. Ormai erano ore che faceva telefonate. Le parole non significavano niente per Eldrick. Sembrava tutto un borbottio senza senso. In realtà Ezatullah aveva studiato a Londra come ingegnere chimico, ma invece di ottenere un lavoro era andato in guerra. E ora appena trentenne, con una grossa cicatrice che gli attraversava una guancia, lì a dire che aveva finanziato la jihad in una mezza dozzina di paesi – e che era venuto in America per fare lo stesso.

Urlò nel telefono ancora parecchio prima di prendere la linea. Quando finalmente riuscì a parlare con qualcuno, si buttò a capofitto nel primo di molti litigi urlati. Dopo qualche minuto, si calmò e si mise in ascolto. Poi riattaccò.

Il viso di Eldrick era rosso. Aveva la febbre. Poteva sentirsela bruciare dentro al corpo. Il cuore correva all’impazzata. Non aveva vomitato, ma si sentiva come se stesse per farlo. Attendevano al punto di incontro sulla riva del South Bronx da più di due ore. Doveva essere una cosetta facile. Rubare il materiale, guidare il furgone per dieci minuti, incontrare i contatti e andarsene a piedi. Ma i contatti non si erano mai fatti vedere.

Ora si trovavano… da qualche parte. Eldrick non sapeva dove. Aveva perso i sensi per un po’. Era di nuovo sveglio, ma tutto sembrava un sogno vago. Erano sull’autostrada. Momo guidava, quindi lui doveva sapere dove stavano andando. Esperto di tecnologie, Momo, secco senza tono muscolare, era la perfetta rappresentazione del suo personaggio. Era così giovane che la pelle liscia del viso non aveva una singola ruga. Sembrava che non sarebbe stato capace di farsi crescere la barba nemmeno se il futuro di Allah in persona fosse dipeso da quello.

“Abbiamo nuove istruzioni,” disse Ezatullah.

Eldrick gemette, desiderando di essere morto. Non sapeva che fosse possibile stare così male.

“Devo uscire da questo furgone,” disse Eldrick.

“Chiudi il becco, Abdul!”

Eldrick aveva dimenticato: il suo nome era Abdul Malik adesso. Era strano sentirsi chiamare Abdul, lui, Eldrick, un orgoglioso uomo nero, un orgoglioso americano per la maggior parte della sua vita. Sentendosi così male, desiderò non averlo mai cambiato. Convertirsi in prigione era stata la cosa più stupida che avesse mai fatto.

Tutta quella merda nel retro. Ce n’era tanta, in ogni tipo di contenitore e scatola. Un po’ era filtrata fuori, e ora li stava uccidendo. Aveva già ucciso Bibi. Quel cretino aveva aperto un contenitore quando erano ancora nella camera blindata. Era incredibilmente forte e aveva strappato via il coperchio. Perché l’aveva fatto? Eldrick lo rivedeva lì a prendere in mano il contenitore. “Non c’è niente qui,” aveva detto. Poi se l’era avvicinato al naso.

Nel giro di un minuto, aveva cominciato a tossire. Praticamente era affondato sulle sue ginocchia. Poi a quattro zampe, a tossire. “Ho qualcosa nei polmoni,” diceva. “Non riesco a buttarlo fuori.” Si era messo a rantolare. Il suono era orribile.

Ezatullah si era avvicinato e gli aveva sparato alla nuca.

“Credimi, gli ho fatto un favore,” aveva detto.

Adesso il furgone stava attraversando un tunnel. Il tunnel era lungo e stretto e buio, con luci arancioni che sfrecciavano sopra la testa. Le luci diedero a Eldrick le vertigini.

“Devo uscire da questo furgone!” urlò. “Devo uscire da questo furgone! Devo…”

Ezatullah si voltò. Aveva tirato fuori la pistola. La puntò alla testa di Eldrick.

“Zitto! Sono al telefono.”

La faccia tagliata in due di Ezatullah era rossa. Stava sudando.

“Mi ucciderai come hai fatto con Bibi?”

“Ibrahim era mio amico,” disse Ezatullah. “L’ho ucciso per pietà. A te ti ucciderò solo per farti stare zitto.” Premette la bocca della pistola contro la fronte di Eldrick.

“Sparami. Non me ne frega niente.” Eldrick chiuse gli occhi.

Quando li riaprì, Ezatullah si era voltato dall’altra parte. Erano ancora nel tunnel. Le luci erano troppe. Un’improvvisa ondata di nausea attraversò Eldrick, e uno spasmo sempre più urgente gli prese il corpo. Gli si contrasse lo stomaco e sentì dell’acido in gola. Si piegò e si vomitò sul pavimento tra le scarpe.

Passò qualche secondo. La puzza gli arrivò al viso, e si svuotò di nuovo.

Oh Dio, pregò silenziosamente. Ti prego lasciami morire.

Capitolo 7

5:33 a.m.

East Harlem, quartiere di Manhattan

Luke trattenne il respiro. Non gli piacevano molto i rumori forti, e un cazzo di rumore forte stava per arrivare.

Restò completamente immobile nella tetra luce di un caseggiato di Harlem. Aveva estratto la pistola, la schiena schiacciata contro la parete. Dietro di lui, Ed Newsman stava quasi nella sua stessa posizione. Di fronte a loro nell’angusto corridoio, una mezza dozzina di membri della SWAT con elmetti e giubbotto protettivo era ai lati delle porte dell’appartamento.

Nell’edificio c’era un silenzio di tomba. Granelli di polvere volteggiavano nell’aria. Qualche momento prima, un piccolo robot aveva fatto scivolare un minuscolo telescopio con videocamera al di sotto della soglia, in cerca di esplosivi fissati alla porta. Negativo. Ora il robot si era ritirato.

Due tizi della SWAT entrarono con un pesante ariete. Era di quelli a oscillazione, e ogni agente reggeva il manico su ogni lato. Non fecero alcun rumore. Il capo del team SWAT alzò il pugno. Apparve il dito indice.

Uno.

Medio. Due.

Anulare …

I due uomini indietreggiarono e fecero oscillare l’ariete. BAM!

La porta esplose verso l’interno mentre i due agenti ripiegavano. Gli altri quattro sciamarono dentro, strillando all’improvviso, “Giù! Giù! A TERRA!”

Da qualche parte lungo il corridoio, un bambino si mise a piangere. Si aprirono porte, fecero capolino teste, poi si ritirarono negli appartamenti. Si era alle solite. A volte i poliziotti venivano e buttavano giù la porta di un vicino.

Ed e Luke aspettarono per una trentina di secondi finché la SWAT ebbe messo in sicurezza l’appartamento. Il corpo era sul pavimento del salotto, dove Luke aveva sospettato dovesse essere. Lo guardò appena.

“Libero?” chiese al capo della SWAT. Il tizio gli diede un’occhiataccia. C’era stato un piccolo litigio quando Luke aveva comandato il suo team. Questi erano del NYPD. Non erano pedine su una scacchiera che i federali potevano muovere per il capriccio di un solo uomo. Volevano che Luke lo sapesse. A Luke andava bene, ma un attacco terroristico era difficilmente un capriccio di un solo uomo.

“Libero,” disse il capo. “Quello probabilmente è il tuo soggetto.”

“Grazie,” disse Luke.

Il tizio scrollò le spalle e si voltò da un’altra parte.

Ed si chinò sul corpo. Portava con sé uno scanner per impronte. Prese le impronte da tre dita.

“Cosa ne pensi, Ed?”

Scrollò le spalle. “Ho caricato qui le impronte di Ken Bryant dal database della polizia. Dovremmo sapere se c’è una corrispondenza in pochi secondi. Nel frattempo, abbiamo evidenti segni di legatura e di gonfiore. Il corpo è ancora piuttosto caldo. Il rigor mortis è cominciato, ma non è completo. Le dita stanno diventando blu. Direi che è morto come la guardia dell’ospedale, per strangolamento, grosso modo dalle otto alle dodici ore fa.”

Alzò la testa verso Luke. C’era un bagliore nei suoi occhi. “Se vuoi abbassargli i pantaloni per me, posso prendergli la temperatura rettale e restringere un po’ il lasso di tempo.”

Luke sorrise e scosse la testa. “No grazie. Tra le otto e le dodici ore va bene. Dimmi una cosa, però: è lui?”

Ed diede un’occhiata allo scanner. “Bryant? Sì, è lui.”

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