Читать бесплатно книгу «Prima Che Uccida» Блейка Пирс полностью онлайн — MyBook
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Mackenzie li ignorò. Si concentrò unicamente sul cadavere, scacciando le mosche che guizzavano ovunque. Turbinavano disordinatamente intorno al corpo della donna, creando una nuvoletta nera, e il caldo non giocava certo a favore del cadavere. Aveva fatto caldo per tutta l’estate e sembrava che tutto quel calore si fosse concentrato in quel punto del campo.

Mackenzie si avvicinò e lo studiò, cercando di reprimere la sensazione di nausea e un’ondata di tristezza. La schiena della donna era ricoperta di ferite. Sembravano di natura uniforme, probabilmente erano state inflitte con lo stesso strumento. La schiena era ricoperta di sangue, perlopiù secco e appiccicoso. Anche la parte posteriore del tanga ne era incrostata.

Quando Mackenzie terminò il giro intorno al corpo, un poliziotto basso e corpulento si avvicinò a lei. Lo conosceva bene, anche se non le piaceva.

“Buongiorno, Detective White” disse il Comandante Nelson.

“Comandante” rispose lei.

“Dov’è Porter?”

Non c’era presunzione nella sua voce, ma lei la percepì ugualmente. Quel temprato comandante della polizia cinquantenne non voleva che fosse una donna di venticinque anni a fare luce sul caso. Walter Porter, il suo collega cinquantacinquenne, sarebbe stato più adatto per quel lavoro.

“È sull’autostrada” disse Mackenzie. “Sta parlando con il contadino che ha scoperto il corpo. Ci raggiungerà a breve”.

“Va bene” disse Nelson, chiaramente più tranquillo. “Tu che ne pensi?”

Mackenzie non era sicura di come rispondere. Sapeva che la stava mettendo alla prova. Lo faceva di tanto in tanto, anche al distretto, su cose insignificanti, tuttavia mai con altri agenti e detective. Era piuttosto certa che lo facesse solo con lei perché era giovane e perché era una donna.

Il suo istinto le diceva che si trattava di qualcosa di più di un omicidio plateale. Era per le innumerevoli frustate sulla schiena? Oppure perché la donna aveva un corpo da pin-up? Il seno era chiaramente finto e se Mackenzie avesse dovuto tirare a indovinare, anche il didietro aveva subito qualche ritocco. Il trucco era piuttosto pesante, in parte colato e sbavato a causa delle lacrime.

“Credo” disse Mackenzie infine, rispondendo alla domanda di Nelson, “che si tratti di un crimine puramente violento e che la scientifica non troverà segni di violenza sessuale. Raramente gli uomini che rapiscono una donna per sesso abusano in questo modo della vittima, anche se progettano di ucciderla in seguito. Inoltre, il tipo di biancheria che indossava suggerisce che la donna avesse una natura provocante. Onestamente, a giudicare dal trucco pesante e dal seno prosperoso, inizierei a fare qualche chiamata agli strip club di Omaha per vedere se qualche ballerina è scomparsa l’altra notte.”

“Già fatto” rispose Nelson in modo compiaciuto. “La deceduta è Hailey Lizbrook, trentaquattro anni, madre di due ragazzi e ballerina di livello intermedio al Runaway di Omaha.”

Snocciolò i fatti come se leggesse da un manuale di istruzioni. Mackenzie ipotizzò che avesse ricoperto così a lungo il suo ruolo che le vittime di omicidio non erano più persone, ma un rompicapo da risolvere.

Mackenzie però, nella carriera da soli due anni, non era così indurita e senza cuore. Studiava la donna con un occhio rivolto a scoprire cosa fosse successo, ma la vedeva anche come una donna che lasciava due ragazzi, che avrebbero vissuto il resto della propria vita senza una madre. Se una madre di due bambini faceva la spogliarellista, Mackenzie immaginò che avesse problemi di soldi e che fosse disposta a fare praticamente tutto per mantenere i suoi figli. Invece ora eccola lì, legata ad un palo e straziata da un uomo senza volto che-

Il fruscio delle pannocchie dietro di lei interruppe i suoi pensieri. Si voltò e vide Walter Porter avanzare tra il granoturco. Entrò nella radura con aria seccata, pulendosi il cappotto da terra e polvere di mais.

Si guardò attorno per un momento prima che i suoi occhi si posassero sul cadavere di Hailey Lizbrook al palo. Una smorfia di stupore gli attraversò il volto, i baffi grigi inclinati verso destra in un angolo duro. Quindi guardò Mackenzie e Nelson, avvicinandosi senza perdere tempo.

“Porter” disse il Comandante Nelson. “La White qui sta già risolvendo il caso. È piuttosto sveglia.”

“A volte lo è” disse Porter sprezzante.

Andava sempre così. Nelson non le stava facendo un vero complimento. Piuttosto, stava prendendo in giro Porter per essersi ritrovato con la ragazza carina che era spuntata dal nulla e si era accaparrata il posto di detective – la ragazza carina che pochi degli uomini del distretto con più di trent’anni prendevano sul serio. E dio, se a Porter dava fastidio.

Anche se le piaceva vedere Porter punzecchiato, non valeva la pena sentirsi inadeguata e sottovalutata. Più e più volte aveva risolto casi che gli altri uomini non erano riusciti a risolvere e questo, lo sapeva, li faceva sentire minacciati. Aveva solo venticinque anni, era troppo giovane per iniziare a sentire l’entusiasmo per una carriera che un tempo amava esaurirsi. Eppure adesso, bloccata con Porter e con quella squadra, stava iniziando ad odiarla.

Porter si frappose fra Nelson e Mackenzie, per farle capire che adesso era lui l’uomo di scena. Mackenzie iniziava a ribollire di rabbia, ma soffocò il sentimento. Erano tre mesi che lo soffocava, fin da quando era stata assegnata in coppia con lui. Fin dal primo giorno, Porter non aveva tenuto nascosto il proprio disprezzo per lei. Dopotutto, aveva sostituito il collega che Porter aveva avuto per ventotto anni, e che era stato fatto andare via dall’unità, secondo Porter, solo per lasciare spazio ad una giovane donna.

Mackenzie ignorò la sua sfacciata mancanza di rispetto; si rifiutava di lasciare che influisse sulla sua etica professionale. Senza una parola, tornò al cadavere e lo studiò attentamente. Esaminarlo era doloroso eppure, per quanto la riguardava, nessun cadavere avrebbe mai avuto su di lei lo stesso effetto del primo che aveva visto. Era quasi giunta al punto in cui non vedeva più il corpo di suo padre quando metteva piede su una scena del crimine. Quasi. Aveva sette anni quando era entrata in camera da letto e l’aveva visto semidisteso sul letto, in un lago di sangue. E da allora non aveva più smesso di vederlo.

Mackenzie cercò indizi che dimostrassero che l’omicida non aveva un movente sessuale. Non vide lividi o graffi né sui seni né sui glutei, e a vista non c’era sangue intorno alla vagina. Poi controllò le mani e i piedi della donna, domandandosi se potesse esserci una motivazione religiosa; segni di fori su palmi, caviglie e piedi potevano essere un richiamo alla crocifissione. Tuttavia, non c’erano nemmeno segni del genere.

Dal breve rapporto che lei e Porter avevano ricevuto, sapeva che gli abiti della vittima non erano stati ritrovati. Mackenzie rifletté che probabilmente significava che li aveva l’assassino, oppure che se ne era disfatto. Questo faceva pensare che fosse cauto, oppure al limite dell’ossessione. Se si aggiungeva che il movente non era di natura sessuale, si poteva dedurre che avessero a che fare con un killer determinato e potenzialmente inafferrabile.

Mackenzie arretrò fino al limitare della radura per osservare la scena nella sua interezza. Porter la guardò di sfuggita per poi ignorarla del tutto e continuare a parlare con Nelson. Lei si accorse che gli altri poliziotti la stavano osservando. Alcuni di loro almeno la stavano osservando all’opera. Aveva iniziato la carriera di detective con la reputazione di essere eccezionalmente brava e tenuta in grande considerazione da molti istruttori della Scuola di Polizia e a volte gli agenti più giovani, sia uomini che donne, le facevano domande pertinenti o chiedevano il suo parere.

Dall’altro canto, però, sapeva che era possibile che alcuni degli uomini lì con lei in quel campo la stessero guardando in modo lascivo. Non sapeva cosa fosse peggio: gli uomini che le guardavano il culo quando passava o quelli che ridevano alle sue spalle e la consideravano soltanto una ragazzina che giocava a fare la detective tosta.

Mentre studiava la scena, fu ancora una volta assalita dalla sensazione che ci fosse qualcosa di tremendamente sbagliato. Era come leggere la prima pagina di un libro che sapeva si sarebbe fatto difficile più avanti.

Questo è solo l’inizio, pensò.

Ispezionò la terra intorno al palo e vide degli indistinti segni di stivali, ma nulla che potesse fornire vere impronte. Sulla terra c’erano anche segni che sembravano a forma di serpenti. Si accovacciò per guardarli più da vicino e notò che ce n’erano tanti affiancati che giravano intorno al palo in modo sconnesso, come se qualunque cosa li avesse lasciati avesse girato intorno al palo più volte. Guardando la schiena della donna, si accorse che le ferite avevano la stessa forma dei segni a terra.

“Porter” chiamò.

“Che c’è?” rispose lui, chiaramente seccato di essere stato interrotto.

“Mi sa che ho trovato le impronte dell’arma.”

Porter esitò per un istante, quindi raggiunse Mackenzie nel punto in cui ara accucciata a terra. Nel chinarsi si lamentò e lei sentì la cintura che scricchiolava. Aveva almeno venti chili di troppo, che diventavano sempre più evidenti mano a mano che si avvicinava ai cinquantacinque anni.

“È una specie di frusta?” domandò.

“Così pare.”

La detective esaminò il terreno, seguendo con lo sguardo i segni nella sabbia fino al palo, poi notò qualcos’altro. Si trattava di qualcosa di minuscolo, così piccolo che le era quasi sfuggito.

Camminò fino al palo, facendo attenzione a non toccare il corpo prima che la Scientifica avesse fatto il suo lavoro. Si accovacciò di nuovo si sentì schiacciare dal peso del calore pomeridiano. Senza scoraggiarsi, avvicinò la testa al palo, così tanto che quasi lo toccava con la fronte.

“Che diavolo stai facendo?” chiese Nelson.

“C’è inciso qualcosa qui” gli rispose. “Sembrano dei numeri.”

Porter si avvicinò per verificare, ma stavolta fece di tutto per non doversi chinare. “White, quel pezzo di legno avrà vent’anni” replicò. “E l’incisione sembra altrettanto vecchia.”

“Può essere” rispose Mackenzie. Ma non lo credeva affatto.

Avendo già perso interesse nella scoperta, Porter tornò a parlare con Nelson, confrontando le informazioni che aveva ottenuto dal contadino che aveva scoperto il cadavere.

Mackenzie prese il cellulare e scattò una foto ai numeri, poi ingrandì l’immagine facendoli diventare più leggibili. Osservandoli così da vicino ebbe di nuovo la sensazione che quello fosse l’inizio di qualcosa di molto più grande.

N511/G202

Quei numeri non le dicevano niente. Forse aveva ragione Porter. Forse non significavano assolutamente niente. Forse erano stati incisi dal boscaiolo che aveva tagliato il palo. Forse era stato un ragazzino annoiato a scolpirli anni fa.

Eppure, c’era qualcosa che non andava.

Anzi, tutto sembrava non andare.

E lei sapeva, nel suo cuore, che era soltanto l’inizio.

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