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CAPITOLO SEI

Il lunedì mattina, Riley si scoprì profondamente a disagio, mentre occupava il suo posto a lezione di psicologia avanzata.

Dopotutto, si trattava della prima lezione dopo l’omicidio di Rhea, avvenuto quattro giorni prima.

Era anche la materia che stava cercando di studiare, prima che lei e le amiche andassero al Covo del Centauro.

C’erano pochi studenti presenti, quel giorno; molti infatti lì a Lanton non si sentivano pronti a tornare. Trudy era presente, ma Riley sapeva che anche la compagna di stanza si sentiva a disagio e non riusciva a gestire questa fretta di tornare alla “normalità”. Gli altri studenti erano tutti insolitamente tranquilli, mentre occupavano i propri posti.

Vedere il Professor Brant Hayman entrare in aula, mise Riley un po’ più a suo agio. Era giovane e piuttosto attraente, in un senso accademico, nel suo completo a coste. Ricordò Trudy dire a Rhea …

“A Riley piace impressionare il Professor Hayman. Ha un debole per lui.”

Riley si sentì in imbarazzo al ricordo.

Certamente non voleva credere di avere un “debole” per l’insegnante.

Era solo che aveva iniziato a studiare con lui quando era ancora una matricola. All’epoca, lui non era ancora un professore, ma un semplice assistente laureato. Lei aveva pensato che fosse un meraviglioso insegnante: istruttivo, entusiasta e talvolta divertente.

Oggi, l’espressione del Dottor Hayman era seria. Appoggiò la valigetta sulla scrivania e guardò gli studenti. Riley intuì che sarebbe andato dritto al punto.

Esordì: “Bene, c’è un elefante in quest’aula. Tutti sappiamo che cos’è. Dobbiamo cambiare l’aria. Dobbiamo discuterne apertamente.”

Riley trattenne il fiato. Era sicura che non le sarebbe piaciuto quello che sarebbe accaduto.

Poi Hayman disse …

“Qualcuno di voi conosceva Rhea Thorson? Non come conoscenza superficiale, non come qualcuno con cui vi incrociate qualche volta al campus. Beh, voglio dire, molto bene. Come amica.”

Riley sollevò la mano con cautela, così come Trudy. Nessun altro nell’aula lo fece.

Hayman allora chiese: “Che cosa state provando voi due da quando è stata uccisa?”

Riley si fece piccola.

Dopotutto, era la stessa domanda che aveva sentito fare da quei giornalisti a Cassie e Gina venerdì. Riley era riuscita ad evitare quei giornalisti, ma avrebbe dovuto rispondere a quella domanda adesso?

Si rammentò che questa era una lezione di psicologia. Erano lì per affrontare quel genere di domande.

Eppure Riley si chiese …

Da dove comincio?

Fu sollevata quando Trudy parlò.

“In colpa. Avrei potuto impedire che accadesse. Ero con lei al Covo del Centauro prima che accadesse. Non mi sono neanche accorta di quando se n’è andata. Se solo fossi andata con lei a casa …”

La voce di Trudy s’interruppe. Riley trovò il coraggio di parlare.

“Provo lo stesso” disse. “Sono andata a sedermi per conto mio, quando siamo andate tutte al Covo, e non ho prestato attenzione a Rhea. Forse se io avessi …”

Riley fece una pausa, poi aggiunse: “Anch’io mi sento in colpa. E anche altro. Egoista, immagino. Perché volevo stare da sola.”

Il Dottor Hayman annuì. Con un sorriso comprensivo, disse: “Dunque nessuna di voi ha accompagnato Rhea a casa.”

Dopo una pausa, aggiunse: “Un peccato di omissione.”

La frase sconvolse un po’ Riley.

Sembrava un termine inadatto per indicare il fallimento di Riley e Trudy. Sembrava troppo gentile, neppure abbastanza tragico: non pareva una questione di vita e di morte.

Ma, naturalmente, era vero, per quanto le riguardava.

Hayman si guardò intorno, rivolgendo lo sguardo al resto della classe.

“E voi altri? Avete mai fatto, o avete fallito, nello stesso genere di situazione? Avete mai, diciamo, lasciato che un’amica camminasse da sola di notte, quando avreste dovuto accompagnarla a casa? O forse avete omesso di fare qualcosa che sarebbe stato importante per la sicurezza di qualcuno? Ignorato una situazione che avrebbe potuto causare del male o persino la morte?”

Un mormorio confuso si sollevò tra gli studenti.

Riley comprese che si trattava davvero di una domanda difficile.

Dopotutto, se Rhea non fosse stata uccisa, né Riley né Trudy avrebbero riflettuto attentamente sul “peccato di omissione.”

Se ne sarebbero completamente dimenticate.

Non la sorprendeva il fatto che almeno alcuni studenti trovassero difficile ricordare, in un senso o nell’altro. E la verità era che la stessa Riley non riusciva a ricordarlo. C’erano state altre volte in cui era stata negligente mettendo a repentaglio la sicurezza altrui?

Avrebbe potuto essere responsabile per le morti di altri, se non fosse stato per la sua assoluta sciocca fortuna?

Dopo alcuni istanti, diverse mani riluttanti si alzarono.

A quel punto Hayman chiese: “E voi altri? Quanti di voi non riescono a ricordare?”

Quasi tutto il resto degli studenti alzò le mani.

Hayman annuì e disse: “OK, allora. La maggior parte di voi potrebbe aver commesso lo stesso errore, una volta o l’altra. Perciò, quanti di voi si sentono in colpa per il modo in cui hanno agito o per quello che avreste probabilmente dovuto fare ma non avete fatto?”

Ci fu un mormorio più confuso, e persino alcuni sussulti.

“Cosa?” Hayman chiese. “Nessuno di voi? Perché no?”

Una ragazza sollevò la mano e balbettò: “Beh … era diverso perché… suppongo perché … nessuno è stato ucciso, immagino.”

Ci fu un mormorio generale di assenso.

Riley notò che un altro uomo era entrato nell’aula. Si trattava del Dottor Dexter Zimmerman, il direttore del Dipartimento di Psicologia. Zimmerman sembrava essere stato fuori dall’aula, ad ascoltare la discussione.

Lei aveva avuto una lezione con lui due semestri prima: Psicologia Sociale. Era un uomo più anziano, rugoso ma di aspetto gentile. Riley sapeva che il Dottor Hayman lo considerava un mentore, quasi lo idolatrava, in realtà. Ma erano anche molti studenti a farlo.

Ciò che Riley provava nei confronti del Professor Zimmerman era un insieme di sentimenti misti. Era stato un insegnante motivante, ma, in qualche modo, non si rapportava a lui nel modo in cui la maggior parte degli studenti faceva. Non era sicura del perché.

Hayman spiegò alla classe: “Ho chiesto al Dottor Zimmerman di passare a prendere parte alla discussione di oggi. Dovrebbe essere davvero in grado di aiutarci. E’ decisamente l’uomo più perspicace che abbia mai conosciuto in vita mia.”

Zimmerman arrossì e abbozzò un sorriso.

Hayman gli chiese: “Dunque, che cosa ne pensa di quanto ha appena sentito dai miei studenti?”

Zimmerman inclinò la testa e rifletté per un momento.

Poi disse: “Beh, a quanto pare alcuni dei suoi studenti sembrano credere che ci sia una sorta di differenza morale in atto qui. Se si omette di aiutare qualcuno, che poi finisce ferito o ucciso, è sbagliato; ma va tutto bene, se non ci sono brutte conseguenze. Ma io non vedo la distinzione. I comportamenti sono identici. Le conseguenze diverse non cambiano il fatto che i comportamenti siano giusti o sbagliati.”

Un silenzio cadde sull’aula, mentre il pensiero di Zimmerman veniva assimilato.

Hayman chiese all’anziano professore: “Ciò significa che tutti qui dovrebbero struggersi per il senso di colpa insieme a Riley e Trudy?”

Zimmerman alzò le spalle.

“Forse semplicemente l’opposto. Il senso di colpa è utile? Riporterà in vita quella giovane donna? Forse ci sono emozioni più appropriate che tutti dovremmo provare al momento.”

Zimmerman si fermò di fronte alla scrivania e fissò gli studenti.

“Ditemi, quelli di voi che non erano amici di Rhea. Che cosa provate verso le sue due amiche, Riley e Trudy?”

L’aula divenne silenziosa per un momento.

Poi, Riley fu sorpresa al sentire alcuni singhiozzi rompere la quiete nell’aula.

Una ragazza sbottò con voce strozzata: “Oh, mi dispiace davvero tanto per loro.”

Un’altra aggiunse: “Riley e Trudy, vorrei che non vi sentiste in colpa. Non dovreste. Ciò che è successo a Rhea è già abbastanza terribile. Non riesco proprio ad immaginare il dolore che state provando adesso.”

Altri studenti fecero sentire il loro assenso.

Zimmerman rivolse alla classe un sorriso di comprensione.

Disse: “Immagino che a molti di voi sia noto che la mia materia è patologia criminale. Il lavoro della mia vita consiste nel provare a comprendere la mente dei criminali. E, negli ultimi tre giorni, ho cercato di trovare il senso di questo crimine. Al momento, sono davvero sicuro di una cosa. E’ stato un movente personale. Il killer conosceva Rhea e la voleva morta.”

Ancora una volta, Riley faticò a comprendere l’incomprensibile …

Qualcuno odiava abbastanza Rhea da ucciderla?

Poi Zimmerman aggiunse: “Per quanto sembri orribile, posso assicurarvi una cosa. Non ucciderà di nuovo. Rhea era il suo bersaglio, nessun altro. E sono certo che la polizia lo troverà presto.”

Infine, si appoggiò al bordo della scrivania e continuò: “Posso dirvi ancora una cosa: ovunque si trovi adesso il killer, qualunque cosa stia facendo, non prova quello che tutti voi sembrate provare. E’ incapace di empatia per la sofferenza altrui ed ancor meno può provare la vera empatia che percepisco in questa aula.”

Trascrisse le parole “comprensione” ed “empatia” sulla grande lavagna.

Chiese: “Qualcuno vuole rammentami la differenza tra queste due parole?”

Riley fu un po’ sorpresa dal fatto che Trudy avesse alzato la mano.

Trudy disse: “La comprensione è quando ci importa dei sentimenti altrui. L’empatia è quando in realtà condividiamo i sentimenti altrui.”

Zimmerman annuì e trascrisse le definizioni di Trudy.

“Esatto” disse. “Quindi, suggerisco, che tutti noi mettiamo da parte il senso di colpa. Concentriamoci invece sulla nostra capacità empatica. Ci separa dai mostri più terribili del mondo. E’ preziosa, soprattutto in un momento come questo.”

Hayman sembrò soddisfatto dalle osservazioni di Zimmerman.

Disse: “Se a tutti sta BENE, penso che interromperemo qui la lezione di oggi. E’ stata alquanto intensa, ma spero che sia stata utile. Ricordate però, state tutti elaborando dei sentimenti piuttosto forti ora, persino voi che non eravate amici di Rhea. Non aspettatevi che dolore, shock e orrore svaniscano tanto presto. Lasciate che seguano il loro corso. Fanno parte del processo di guarigione. E non temete di rivolgervi ai consiglieri scolastici, se necessario. O parlatene tra di voi. O a me e al Dottor Zimmerman.”

Quando gli studenti si alzarono per lasciare l’aula, Zimmerman gridò …

“Uscendo, date a Riley e Trudy un abbraccio. Potrebbe essere loro utile.”

Per la prima volta da quando era cominciata la lezione, Riley si sentì infastidita.

Che cosa gli fa pensare che abbia bisogno di un abbraccio?

La verità era che gli abbracci erano le ultime cose che lei voleva al momento.

Improvvisamente, ricordò che questa era la cosa che non aveva apprezzato del Dottor Zimmerman quando aveva seguito una lezione con lui. Era troppo affettuoso per i suoi gusti, ed era sdolcinato in tante cose. Gli piaceva dire agli studenti di scambiarsi abbracci.

Il che sembrava un po’ strano per uno psicologo specializzato in patologia criminale.

Sembrava anche strano per un uomo così empatico.

Dopotutto, come poteva sapere se lei e Trudy desideravano o meno essere abbracciate? Non si era nemmeno preoccupato di chiedere.

Quanto è empatico?

Riley non riuscì a fare a meno di pensare che l’uomo fosse falso nel profondo.

Ciò nonostante, restò lì stoicamente, mentre riceveva un abbraccio dopo l’altro. Alcune studentesse erano in lacrime. Notò che a Trudy non era sgradita questa attenzione. Infatti, continuava a sorridere tra le sue stesse lacrime dopo ogni abbraccio.

Forse sono solo io, Riley pensò.

C’era qualcosa di sbagliato in lei?

Forse non provava gli stessi sentimenti delle altre persone.

Non trascorse molto tempo e tutti gli abbracci terminarono. La maggior parte degli studenti aveva lasciato l’aula, inclusi Trudy e il Dottor Zimmerman.

Riley fu contenta di avere un momento da sola con il Dottor Hayman. Lo raggiunse e disse: “La ringrazio per aver parlato di colpa e responsabilità. Ne avevo davvero bisogno.”

L’uomo le sorrise e disse: “Mi fa piacere di essere d’aiuto. So che dev’essere molto dura per te.”

Riley abbassò la testa per un momento, raccogliendo il coraggio per dire qualcosa che davvero voleva dire.

Finalmente, disse: “Dottor Hayman, probabilmente non ricorda, ma ero alla sua Introduzione al corso di Psicologia al primo anno.”

“Ricordo” disse.

Riley deglutì il suo nervosismo e aggiunse: “Ecco, avrei sempre voluto dirglielo … lei mi ha davvero ispirato a specializzarmi in psicologia.”

Hayman sembrò un po’ stupito ora.

“Wow” esclamò. “E’ davvero bello sentirlo. Grazie.”

Restarono a guardarsi per un imbarazzante momento. Riley sperava di non essersi resa ridicola.

Infine, Hayman disse: “Ascolta, ti ho notata a lezione, quello che scrivi, le domande che poni, le idee che condividi con tutti. Hai una buona mente. E sento che … hai delle domande su quello che è successo alla tua amica, che la maggior parte degli altri ragazzi non ha neanche in mente, forse non vuoi neanche pensarci.”

Riley deglutì ancora. L’uomo aveva ragione, naturalmente, quasi misteriosamente ragione.

Ora questa è empatia, pensò.

Ritornò con la mente alla notte dell’omicidio, quando era rimasta fuori dalla stanza di Rhea e aveva desiderato di entrare: in quel momento aveva sentito che avrebbe potuto scoprire qualcosa d’importante, se ci fosse riuscita.

Ma quel momento se n’era andato. Quando Riley era finalmente riuscita a varcare quella soglia, la stanza era stata ripulita, come se nulla fosse accaduto al suo interno.

Lei disse lentamente …

“Voglio davvero capire … perché. Voglio davvero sapere …”

Poi, la sua voce scemò. Osava dire ad Hayman o a chiunque altro la verità?

Che voleva comprendere la mente dell’uomo che aveva ucciso la sua amica?

Che voleva quasi empatizzare con lui?

Tirò un sospiro di sollievo, quando Hayman annuì, sembrando comprendere.

“So come ti senti” disse. “Anch’io mi sentivo allo stesso modo.”

Aprì un cassetto della scrivania, prese un libro e glielo porse.

“Prendi questo in prestito” disse. “E’ perfetto per cominciare.”

Il titolo del libro era Menti Oscure: La Personalità Omicida Rivelata.

Riley rimase sorpresa al vedere che l’autore era il Dottor Dexter Zimmerman in persona.

Hayman disse: “Quell’uomo è un genio. Non riusciresti ad immaginare neppure un frammento di quello che svela in questo libro. Devi semplicemente leggerlo. Potrebbe cambiarti la vita. Di certo ha cambiato la mia.”

Riley si sentì commossa dal gesto di Hayman.

“Grazie” rispose dolcemente.

“Non devi ringraziarmi” Hayman replicò con un sorriso.

Riley lasciò l’aula e a passo svelto uscì dall’edificio, diretta alla biblioteca, entusiasta di sedersi a leggere il libro.

Al contempo però, provava un po’ di apprensione.

“Potrebbe cambiarti la vita” Hayman le aveva detto.

Ma in meglio o in peggio?

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