Scoprì che non era esattamente così quando ebbe finalmente finito di trascinare il suo comò su per le scale fino al secondo piano – con l'aiuto di un carrello, diverse cinghie e un vano scale fortunatamente ampio. Certo, alla fine ce l’aveva fatta, ma era quasi sicura di essersi stirata un muscolo o due.
Aveva lasciato il comò per ultimo, sapendo che sarebbe stata la parte più difficile del trasloco. Aveva riempito di proposito gli scatoloni solo a metà, sapendo che avrebbe dovuto sollevarli da sola. Immaginò che avrebbe potuto chiamare Danielle, e lei l’avrebbe aiutata volentieri, ma Chloe non era mai stata il tipo che chiedeva favori alla famiglia.
Scansando alcuni scatoloni pieni di libri e quaderni, si accasciò nella poltrona che aveva fin dal suo secondo anno di università. Il pensiero di far venire Danielle per aiutarla a sistemare l’appartamento era allettante. Le cose tra loro non erano più così tese, da quando Chloe aveva scoperto la verità su ciò che era accaduto tra i loro genitori quando lei e Danielle erano ancora delle bambine, ma c'era sicuramente qualcosa di diverso. Entrambe erano ben consapevoli della presenza del padre che incombeva su di loro, insieme alla verità su ciò che aveva fatto e i segreti che custodiva. Chloe sentiva che ognuna di loro stava affrontando la situazione a modo suo, e sapeva che avevano opinioni diverse.
Quello che non aveva mai osato esprimere a parole con la gemella era quanto le mancasse il padre. Danielle aveva sempre serbato rancore verso di lui, dopo che era stato arrestato. Chloe invece era stata quella che aveva sentito maggiormente la mancanza di una figura paterna nella sua vita. Lei si era sempre concessa di sperare che forse i poliziotti si erano sbagliati, che suo padre non aveva ucciso la madre.
Era stata proprio quella convinzione a spingerla nella piccola avventura che era poi culminata con l'arresto di Ruthanne Carwile, offrendo una prospettiva completamente nuova sul caso di Aiden Fine. La cosa che le si era ritorta contro, però, era che, scoprendo quei piccoli segreti, aveva cominciato a sentire la sua mancanza ancora di più. E sapeva che Danielle avrebbe trovato questa sua sensazione orribile e forse anche masochista, in un certo senso.
Eppure, nonostante tutto questo, decise di telefonare alla sorella per celebrare la piccola, faticosamente conquistata vittoria di trasferirsi nella sua nuova abitazione. Era solo un piccolo appartamento con due camere da letto nel quartiere Mount Pleasant di Washington DC – piccolo e che poteva permettersi a malapena, ma esattamente quello che stava cercando. Erano passati circa due mesi dall'ultima volta che avevano passato del tempo insieme, il che sembrava strano, dopo tutto quello che avevano vissuto. Si erano sentite per telefono in un paio di occasioni e, sebbene fosse stato abbastanza piacevole, si era trattato più di convenevoli. E Chloe non era brava con i convenevoli.
Al diavolo, pensò, cercando il suo telefono. Che c’è di male?
Mentre componeva il numero di Danielle, la realtà della situazione si fece strada dentro di lei. Certo, erano passati solo due mesi da quando tutto era accaduto, ma ora erano persone diverse. Danielle aveva iniziato a rimettere insieme i pezzi della sua vita, e aveva un lavoro che prometteva ottimi guadagni – un posto da barista, oltre che vice manager in un locale di lusso a Reston, in Virginia. Quanto a Chloe, adesso che si era ritrovata da quasi sposata a single, doveva ricordare come si facesse a trovare ragazzi con cui uscire.
Non puoi forzare qualcosa del genere, pensò. Per non parlare del rapporto con Danielle.
Con il cuore in agitazione, Chloe fece partire la chiamata. Si aspettava che si attaccasse la segreteria telefonica, così quando Danielle rispose al secondo squillo con voce allegra, le ci volle qualche secondo per iniziare a parlare.
“Ciao Danielle.”
“Chloe, come va?” Era così strano sentire quella nota di allegria nella voce di Danielle.
“Abbastanza bene. Mi sono trasferita nel nuovo appartamento oggi. Avevo pensato che sarebbe bello se venissi qui per festeggiare con una bottiglia di vino e un po’ di cibo spazzatura, ma poi mi sono ricordata del tuo nuovo lavoro.”
“Già, mi sto dando da fare” disse Danielle con una risata.
“Ti piace?”
“Chloe, lo adoro. Insomma, certo, sono passate solo tre settimane, ma è come se fossi nata per questo lavoro. So che sono solo una barista, ma...”
“Be’, ma sei anche vice manager, giusto?”
“Sì. Questo titolo mi spaventa ancora.”
“Sono contenta che ti piaccia.”
“E tu che mi dici? Com’è l'appartamento? Il trasloco è andato bene?”
Non voleva che Danielle sapesse che aveva fatto tutto da sola, così si tenne sul vago, cosa che di solito detestava fare. “Non male. Devo ancora disfare i bagagli, ma sono contenta di essere finalmente qui.”
“Presto verrò di sicuro per il vino e le schifezze. Per il resto, come va?”
“Onestamente?”
Danielle rimase in silenzio per alcuni secondi, prima di rispondere: “Oh-oh.”
“Ho pensato molto a papà. Vorrei andarlo a trovare.”
“E perché mai, in nome di Dio?”
“Vorrei avere una risposta” disse Chloe. “Dopo tutto quello che è successo, avverto il bisogno di farlo. Devo dare un senso a tutto questo.”
“Mio Dio, Chloe. Lascia perdere. Questo tuo nuovo lavoro in teoria non dovrebbe tenerti occupata a risolvere altri crimini? Cavolo... Pensavo di essere io quella che continuava a vivere nel passato.”
“Perché ti turba così tanto?” chiese Chloe. “Il fatto che lo vada a trovare...”
“Perché secondo me gli abbiamo già dato abbastanza della nostra vita. E so che, se parlerai con lui, verrà fuori anche il mio nome, e preferirei che non succedesse. Ho chiuso con lui, Chloe. Vorrei che riuscissi a farlo anche tu.”
Sì, lo vorrei anch’io, pensò Chloe, ma tenne il commento per sé.
“Chloe, ti voglio bene, ma se hai intenzione di continuare a parlare di lui, ti saluto subito.”
“Quand’è che devi lavorare?” chiese Chloe.
“Questa settimana tutte le sere, tranne sabato.”
“Magari verrò a trovarti venerdì pomeriggio. Mi aspetto che mi servirai il drink che consideri la tua specialità.”
“Allora sarà meglio che non pensi di metterti alla guida, dopo” disse Danielle.
“Lo terrò presente.”
“E tu? Quando inizi il tuo nuovo lavoro?”
“Domani mattina.”
“Nel mezzo della settimana?” si stupì Danielle.
“È una specie di orientamento. Per lo più riunioni e incontri per i primi giorni.”
“Sono emozionata per te” disse Danielle. “So quanto desideravi tutto questo.”
Era bello sentire Danielle non solo parlare bene del suo lavoro, ma anche fingere di interessarsi.
Tra loro calò un pesante silenzio, a cui pose misericordiosamente fine Danielle, con una frase piuttosto insolita per lei. “Stai attenta, Chloe. Per il lavoro... per papà... per tutto.”
“Lo farò” disse Chloe, colta alla sprovvista.
Danielle chiuse la chiamata, e Chloe si ritrovò a guardare la zona giorno del suo appartamento. Era difficile avere una visione d’insieme, a causa di tutto il disordine, ma la sentiva già casa sua.
Niente di meglio che una conversazione impacciata con Danielle per sentirsi di nuovo come a casa dopo un trasloco, pensò pigramente.
Lentamente, stirando la schiena, Chloe si alzò dalla poltrona e raggiunse lo scatolone più vicino a lei. Iniziò a tirare fuori tutti i suoi averi, facendosi un'idea di come sarebbe stata la sua vita se non avesse imparato come recuperare i rapporti con le persone. Che si trattasse di sua sorella, di suo padre o del suo ex fidanzato, non era molto brava a tenersi strette le persone.
Pensando al suo ex fidanzato, trovò diverse foto incorniciate in fondo al primo scatolone. C'erano tre foto in tutto, di lei e Steven; due erano state scattate al tempo dei primi appuntamenti, quando l’idea del matrimonio ancora non li aveva nemmeno sfiorati. La terza invece era stata scattata dopo che lui le aveva chiesto la mano... dopo che lei aveva detto sì, mettendosi quasi a piangere.
Raccolse le foto dallo scatolone e le mise sul bancone della cucina. Frugò in giro e trovò il suo cestino, dall'altra parte della stanza, accanto al materasso. Prese le foto e ve le gettò. Il rumore del vetro infranto delle cornici le sembrò fin troppo bello.
È stato facile, pensò. Non vedo l'ora di lasciarmi alle spalle quel disastro. Allora perché non riesco a lasciarmi alle spalle anche tutta la storia con papà?
Non aveva una risposta per quello. E la cosa che la spaventava di più era che sospettava che l’avrebbe potuta trovare solo parlando con lui.
Con quel pensiero, l'appartamento le sembrò più vuoto di prima, e Chloe si sentì molto sola. Andò al frigorifero e aprì una confezione da sei di birra, che aveva acquistato quel giorno. Aperta la prima bottiglia, mandò giù un sorso, un po’ preoccupata per quanto le sembrasse squisito.
Quel pomeriggio fece del suo meglio per tenersi occupata. Non svuotò gli scatoloni, ma li passò in rassegna uno ad uno, valutando se gli oggetti che contenevano le servissero davvero o no. Il trofeo che aveva vinto con il gruppo di discussione del liceo finì nel cestino. Il CD di Fiona Apple che ascoltava quando aveva perso la verginità al secondo anno di liceo, invece, lo tenne.
Tutte le foto di suo padre finirono nella spazzatura. Faceva male all'inizio, ma dopo la quarta bottiglia di birra, divenne più indolore.
Era arrivata in fondo a due scatoloni... e probabilmente avrebbe continuato se, andando al frigorifero, non avesse scoperto di essersi scolata l'intera confezione di birra. Guardò l'orologio sui fornelli e sussultò vedendo l’ora: mezzanotte e quarantacinque.
Addio lunga dormita in vista del primo giorno di lavoro, pensò.
Ma la cosa più preoccupante era che le dava più fastidio essere rimasta senza birra, che aver fatto tardi e rischiare di andare al lavoro mezza intontita, il giorno dopo. Dopo essersi lavata i denti, si infilò a letto. La stanza sembrava girare leggermente, e Chloe si rese conto che si era ubriacata per non provare niente mentre tentava di cancellare i ricordi di suo padre.
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