Trascinò il corpo fino all'albero, e provò a metterla nella posa che aveva immaginato. Non era andata troppo bene. La testa della donna era inclinata verso la sinistra, ferma a causa del rigor mortis. Lui la strattonò e la girò. Persino dopo averle rotto il collo, non riusciva ancora a posizionare il corpo in modo eretto.
E come avrebbe dovuto divaricarle le gambe nel modo giusto? Una delle gambe era irrimediabilmente piegata. Non ebbe altra scelta che prendere una chiave per smontaggio da pneumatico nel suo furgone, e rompere la coscia e la rotula. Poi, girò anche la gamba nel miglior modo possibile, ma senza alcuna soddisfazione.
Infine, lasciò coscienziosamente il nastro intorno al collo, la parrucca sulla testa, e la rosa nella neve. Poi, tornò in auto e se ne andò. Si sentiva deluso e disorientato. Era anche spaventato. Con tutta la confusione che aveva fatto, aveva lasciato degli indizi fatali sulla scena? Rivisse ossessivamente ogni sua azione nella sua mente, ma non poteva esserne sicuro.
Riley aprì gli occhi. Lasciò svanire la presenza dell'assassino. Adesso era contenta di se stessa. Non era rimasta scossa e sopraffatta. E aveva compreso qualcosa d’importante, la prospettiva dell’assassino. Aveva avuto un’idea di come l'omicida stava apprendendo la sua arte.
Avrebbe soltanto voluto sapere qualcosa, qualunque cosa, del suo primo omicidio. Era più sicura che mai che avesse ucciso prima di allora. Quella era stata l'opera di un apprendista, ma non un mero esordiente.
Proprio quando Riley stava per voltarsi e tornare alla propria auto, qualcosa nell'albero catturò la sua attenzione. Si trattava di un minuscolo trattino giallo, che fuoriusciva da dove il tronco si divideva a metà al di sopra della sua testa.
Si diresse fino all'estremità dell'albero e guardò in alto.
“E' tornato qui!” Riley gridò. Brividi le percorsero il corpo, mentre si guardava intorno nervosamente. Nessuno sembrava essere nelle vicinanze ora.
Innestata nel ramo di un albero, con lo sguardo in basso verso Riley, c'era una bambola nuda dai capelli biondi, posizionata precisamente nel modo in cui l'assassino aveva inteso dovesse essere la vittima.
Non poteva essere accaduto da tanto, al massimo tre o quattro giorni. Non era stata spostata dal vento o sporcata dalla pioggia. L'assassino era tornato lì, quando si stava preparando per l'omicidio di Reba Frye. Proprio come Riley aveva fatto, lui era tornato lì per riflettere sul proprio operato, per esaminare criticamente i suoi errori.
La donna scattò delle fotografie col suo cellulare. Le avrebbe inviate immediatamente al Bureau.
Riley sapeva perché lui aveva lasciato la bambola.
E' una scusa per la negligenza passata, lei realizzò.
Era anche una promessa di un futuro lavoro migliore.
Riley guidò fino alla tenuta del Senatore Mitch Newbrough, e l’agitazione aumentò in lei man mano che le si palesava davanti. Situata alla fine di una lunga strada, caratterizzata da file di alberi, era enorme, formale e spaventosa. Lei trovava i ricchi e potenti sempre più difficili da gestire, rispetto alle persone comuni che appartenevano alle classi sociali meno elevate.
Accostò e parcheggiò in un cerchio ben tenuto di fronte alla tenuta in pietra. Sì, questa famiglia era davvero molto ricca.
Uscì dall'auto, e si diresse a piedi verso le enormi porte d'ingresso. Dopo aver suonato il campanello, fu accolta da un uomo dall'aspetto curato di circa trent'anni.
“Sono Robert” questo disse. “Il figlio del Senatore. E lei dev'essere l'Agente Speciale Riley. Prego, entri. Mamma e papà la stanno aspettando.”
Robert Newbrough condusse Riley in casa, che immediatamente le ricordò quanto disprezzasse le case vistose. La casa dei Newbrough era davvero enorme, e il percorso che l'avrebbe condotta dal Senatore e sua moglie era esageratamente lungo. Riley era certa che far camminare gli ospiti così a lungo era una sorta di tentativo di intimidazione, un modo di comunicare che gli abitanti di quella casa erano troppo potenti per essere attaccati. Riley notò anche che l'onnipresente mobilio coloniale e i decori erano molto brutti.
Più di ogni altra cosa, lei temeva quel che sarebbe seguito. Per lei, parlare con le famiglie delle vittime era semplicemente orribile, molto peggio persino delle scene dei crimini o dei cadaveri. Trovava fin troppo facile lasciarsi assorbire da dolore, rabbia e confusione delle persone. Tali intense emozioni minavano la sua concentrazione, e la distraevano dal proprio lavoro.
Mentre camminavano, Robert Newbrough disse: “Papà è a casa da Richmond sin da quando …”
L'uomo si fermò a metà frase. Riley riuscì a percepire l'intensità della sua perdita.
“Sin da quando abbiamo saputo di Reba” proseguì. “E' stato terribile. Specialmente la mamma è rimasta scossa. Provi a non sconvolgerla troppo.”
“Mi dispiace così tanto per la vostra perdita” Riley disse.
Robert la ignorò, e lasciò Riley all'interno di un soggiorno spazioso. Il Senatore Mitch Newbrough e sua moglie erano seduti entrambi su un grosso divano, tenendosi per mano.
“Agente Paige” Robert disse, presentandola. “Agente Paige, lasci che le presenti i miei genitori, il Senatore e sua moglie Annabeth.”
Robert fece accomodare Reba, poi si sedette anche lui.
“Innanzitutto” Riley disse tranquillamente, “vi faccio le mie più sentite condoglianze per la vostra perdita.”
Annabeth Newbrough replicò con un silenzioso cenno in segno di comprensione. Il Senatore si limitò a guardare davanti a sé.
Nel breve silenzio che seguì, Riley fece una rapida valutazione dei loro volti. Aveva visto Newbrough molte volte in televisione, dove sfoggiava sempre un sorriso compiacente, tipico di un uomo politico. Ora non stava sorridendo. Riley non aveva visto molto della donna, che sembrava possedere la tipica docilità della moglie di un politico.
Entrambi avevano poco più di sessant'anni. Riley si rese conto che si erano entrambi sottoposti a costosi trattamenti per apparire più giovani: impianti e tintura ai capelli, lifting facciale, trucco. Per quanto Riley poteva vedere, i loro sforzi avevano lasciato su di loro un aspetto vagamente artificiale.
Come bambole, pensò Riley.
“Devo porvi alcune domande su vostra figlia” Riley disse, estraendo il suo taccuino. “Eravate in contatto con Reba di recente?”
“Oh, sì” disse la Signora Newbrough. “Siamo una famiglia molto unita.”
Riley notò una lieve durezza nella voce della donna. Sembrava proprio qualcosa che ripeteva un po' troppo spesso, un po' troppo di frequente. Riley ebba la sensazione netta che la vita a casa dei Newbrough non fosse per niente ideale.
“Recentemente Reba aveva detto di essere stata minacciata?” Riley chiese.
“No” la Signora Newbrough disse. “Non una parola.”
Riley notò che il Senatore non aveva ancora parlato. Si chiese perché fosse così silenzioso. Aveva bisogno di stanarlo, ma come?
Poi Robert intervenne.
“Di recente, ha attraversato un divorzio difficile. Le cose si sono messe male tra lei e Paul, riguardo alla custodia dei loro due figli.”
“A dire il vero, non mi è mai piaciuto” la donna disse. “Aveva un brutto carattere. Pensa che forse?” Le parole le morirono in gola.
Riley scosse la testa.
“Il suo ex-marito non è nella rosa dei sospettati” osservò.
“Perché mai?” la Signora Newbrough chiese.
Riley decise nella sua mente che cosa avrebbe dovuto o non dovuto comunicare loro.
“Forse avete letto che l'assassino aveva colpito già prima” lei disse. “C'è una vittima simile nei pressi di Daggett.”
L'agitazione della Signora Newbrough stava cominciando ad aumentare.
“Che cosa dovrebbe significare questo per noi?”
“Che abbiamo a che fare con un serial killer” Riley disse. “Non c'era nulla di domestico. Vostra figlia probabilmente non conosceva affatto l'assassino. Proprio per questo, non contiene affatto una linea personale.”
La Signora Newbrough ora stava singhiozzando. Riley si pentì immediatamente della sua scelta di parole.
“Non è personale?” la Signora Newbrough quasi urlò. “Come potrebbe non esserlo?”
Il Senatore Newbrough si rivolse al figlio.
“Robert, per favore, porta tua madre in un'altra stanza e falla calmare. Ho bisogno di parlare con l'Agente Paige da solo.”
Robert Newbrough condusse obbedientemente via sua madre. Il Senatore Newbrough restò in silenzio per un istante. Guardò Riley dritto negli occhi. Lei era certa che fosse abituato ad intimidire le persone con un simile sguardo. Ma non funzionò molto bene con lei. La donna, infatti, ricambiò semplicemente il suo sguardo.
Poi il Senatore si mise la mano nella tasca della giacca, ed estrasse una busta della grandezza di una lettera. Si avvicinò alla sedia dov'era seduta lei, e gliela diede.
“Prenda” le disse. Poi, tornò al divano, e prese di nuovo a sedersi.
“Questo cos'è?” Riley chiese.
Il Senatore tornò a posare il suo sguardo su di lei.
“Tutto quello che le occorre sapere” lui rispose.
Riley ora era molto perplessa.
“Posso aprirla?” chiese.
“Certamente.”
Riley aprì la busta. Conteneva un foglio di carta con due colonne di nomi. Ne riconobbe alcuni. Tre o quattro erano ben noti reporter del telegiornale locale. Diversi altri erano politici di spicco della Virginia. Riley fu persino più perplessa di prima.
“Chi sono queste persone?” lei chiese.
“I miei nemici” rispose il Senatore in tono tondo. “Probabilmente non è una lista completa. Ma quelli sono i nomi che contano. Tra loro c'è il colpevole.”
Ora Riley era completamente sbalordita. Restò seduta lì e non disse nulla.
“Non sto dicendo che qualcuno su quella lista ha ucciso mia figlia direttamente, di persona” lui disse. “Ma, senza alcuna ombra di dubbio, ha pagato qualcuno per farlo.”
Riley parlò lentamente e con cautela.
“Senatore, con tutto il dovuto rispetto, credo di aver appena detto che l'omicidio di sua figlia non era probabilmente di natura personale. C'è già stato un omicidio quasi identico al suo.”
“Sta dicendo che mia figlia è finita sotto tiro soltanto per caso?” il Senatore chiese.
Sì, probabilmente, Riley pensò.
Ma sapeva che sarebbe stato meglio tenerlo per sé.
Prima che potesse rispondere, lui aggiunse: “Agente Paige, ho appreso da dure esperienze a non credere nelle coincidenze. Non so perché o come, ma la morte di mia figlia è di natura politica. E in politica, tutto è personale. Perciò, non provi a dirmi che si tratta di tutto tranne che di qualcosa di personale. E' compito suo e del Bureau trovare chiunque ne sia responsabile e consegnarlo alla giustizia.”
Riley fece un respiro lungo e profondo. Studiò il volto dell'uomo in ogni minimo dettaglio. Ora riusciva a vederlo. Il Senatore Newbrough era un vero narcisista.
Non che io ne sia sorpresa, pensò.
Riley comprese qualcosa d'altro. Il Senatore trovava inconcepibile che qualcosa nella sua vita non riguardasse lui e soltanto lui, in maniera specifica. Reba si era semplicemente ritrovata tra lui e qualcuno che lo odiava. Probabilmente, l'uomo ci credeva davvero.
“Signore” Riley cominciò, “con tutto il dovuto rispetto, non penso”
“Non voglio che lei pensi” Newbrough disse. “Ha tutte le informazioni che le servono proprio qui di fronte a lei.”
I due si guardarono per diversi secondi.
“Agente Paige” il Senatore disse infine, “ho la sensazione che non siamo sulla stessa lunghezza d'onda. E' un peccato. Potrebbe non saperlo, ma ho dei buoni amici nei gradi alti dell'agenzia. Alcuni di loro mi devono dei favori. Li contatterò subito. Mi occorre qualcuno che si occupi di questo caso, e che lo risolva.”
Riley restò seduta lì, scioccata, senza sapere che cosa dire. Quell'uomo era davvero così delirante?
Il Senatore restò in silenzio.
“Manderò qualcuno a sostituirla, Agente Paige” le si rivolse. “Mi dispiace che non l'abbiamo vista allo stesso modo.”
Il Senatore Newbrough uscì fuori dalla stanza, lasciando Riley seduta lì da sola. Con la bocca spalancata per lo stupore. L'uomo era un narcisista, molto bene. Ma lei sapeva che c'era molto di più di questo.
Il Senatore stava nascondendo qualcosa.
E lei avrebbe scoperto di che cosa si trattasse, a qualsiasi costo.
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