IL SUSSURRATORE DELLE CATENE
(UN MISTERO DI RILEY PAIGE—LIBRO 2)
B L A K E P I E R C E
TRADUZIONE ITALIANA
A CURA
DI
IMMACOLATA SCIPLINI
Blake Pierce
Blake Pierce è l’autore della serie di successo dei misteri di RILEY PAIGE, che include i gialli intrisi di suspense IL KILLER DELLA ROSA (libro #1), IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (libro #2) e OSCURITA' PERVERSA (#3).
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LIBRI DI BLAKE PIERCE
I MISTERI DI RILEY PAIGE
IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)
IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)
OSCURITA' PERVERSA (Libro #3)
Il Capitano Jimmy Cole aveva appena terminato di raccontare ai passeggeri una vecchia storia sui fantasmi del Fiume Hudson.
Parlare di un omicidio perpetrato a colpi di ascia era il racconto ideale per divertirli in una notte lunga, buia e nebbiosa come quella.
Tornò a sedersi al suo posto, consentendo alle ginocchia, deboli per le varie operazioni subite, di riposare e rifletté per la milionesima volta sull’idea di andare in pensione. Aveva visto quasi ogni borgo che l’Hudson aveva da offrire, e, uno di quei giorni, persino su una piccola barca da pesca come la sua, la Suzy, il fiume avrebbe avuto la meglio su di lui.
In ogni caso, per quella notte aveva terminato e diresse la barca alla battigia, con l’intenzione di attraccare al molto di Reedsport.
Poco dopo, uno dei suoi passeggeri lo chiamò, destandolo dai suoi pensieri.
“Ehi, Capitano — il tuo fantasma non è laggiù?”
Jimmy non si girò nemmeno a guardare. Tutti e quattro i suoi passeggeri — due giovani coppie in vacanza — erano completamente ubriachi. Senza dubbio - pensò - uno degli uomini stava provando a spaventare le ragazze.
Ma, poi, una delle donne si intromise: “Anch’io lo vedo. Non è strano?”
Jimmy si voltò verso i passeggeri, imprecando tra sé e sé. Maledetti ubriaconi. Quella era l’ultima volta che li avrebbe portati in giro in barca fino a quell’ora della notte.
Il secondo uomo indicò con la mano.“E’ proprio lì”.
La moglie si coprì gli occhi. “Oh, non posso guardare!” esclamò, con una risata nervosa e imbarazzata.
Jimmy, esasperato, si rassegnò all’idea che non avrebbe avuto neanche un attimo di riposo. Perciò si voltò, guardando nella direzione indicata dall’uomo.
Effettivamente, notò qualcosa in un piccolo spazio tra gli alberi che crescevano lungo la battigia. Luccicava, pensò, e aveva una forma vagamente umana. Qualunque cosa fosse, sembrava sdraiata a terra, in posizione supina. Ma la distanza era tale da non consentirgli di mettere a fuoco.
Prima che Jimmy potesse mettere mano al suo binocolo, quell’oggetto (o quell’essere …) sparì, nascosto dagli alberi che crescevano lungo la riva.
La verità era che anche Jimmy aveva bevuto qualche birra.
Non che fosse un problema per lui. Conosceva bene il fiume. E gli piaceva il proprio lavoro. Amava in modo particolare navigare sull’Hudson a quell’ora della notte, quando l’acqua era così calma e pacifica. Erano ben poche le cose che potevano incrinare quella dolce sensazione di quiete.
L’uomo rallentò e, avvicinatosi al molo, fece accostare la Suzy ai parabordi, con grande attenzione. Orgoglioso di se stesso per aver condotto la manovra con una tale delicatezza e precisione, spense il motore e legò la barca.
I passeggeri scesero dall’imbarcazione, ridacchiando tra loro, e, senza quasi salutare, percorsero il molo ed attraversarono la spiaggia, diretti al loro Bed & Breakfast.
Era stato un bene farsi pagare in anticipo, si disse Jimmy.
Ma non riusciva a smettere di pensare allo strano oggetto che aveva scorto. Era distante, laggiù lungo la battigia. Era impossibile vederlo da lì. Chi o che cosa poteva essere?
Quell’interrogativo non lo avrebbe lasciato riposare in pace. Era fatto così, lo sapeva bene.
Con un marcato sospiro, infastidito dalla sua stessa curiosità, Jimmy s’avviò a piedi, raggiunse di nuovo la sponda del fiume e prese a seguire i binari ferroviari che si estendevano lungo l’Hudson.
Quei binari erano stati usati molti decenni addietro, quando Reedsport era composta soprattutto da bordelli e casinò. Ora, erano soltanto un’altra reliquia di un tempo passato.
Jimmy infine percorse una lunga curva e si trovò vicino ad un vecchio deposito, costruito nei pressi della linea ferroviaria. Alcune lanterne di sicurezza sull’edificio emettevano una luce fioca ma fu sufficiente perché Jimmy vedesse con chiarezza una figura umana che sembrava fluttuare a mezz’aria ed emanava dei bagliori. La sagoma era sospesa ad una delle travi orizzontali di un traliccio della linea elettrica.
Quando l’uomo si fece più vicino, per guardare meglio, sentì un brivido percorrergli la schiena. La sagoma era davvero umana ma non mostrava alcun segno di vita. Il corpo gli dava la schiena, infagottato in una sorta di stoffa e stretto da pesanti catene, che s’intrecciavano e lo legavano come fosse un prigioniero. Erano le catene, colpite dai raggi della fioca luce delle lanterne, a brillare.
Oh, Dio, non di nuovo.
A Jimmy tornò immediatamente alla memoria un terribile omicidio, che aveva sconvolto l’intera regione molti anni prima.
La sua camminata divenne incerta. Jimmy girò intorno al cadavere, avvicinandosi a sufficienza da vedere il suo viso — e ne rimase scioccato. L’aveva riconosciuta immediatamente. Era una donna del posto, faceva l’infermiera ed era un’amica di vecchia data. Ora aveva la gola squarciata e la bocca era tenuta aperta con una catena che aveva intorno alla testa.
Jimmy a stento riuscì a rimanere in piedi, sconvolto dal dolore e dall’orrore.
L’assassino era tornato.
L’Agente Speciale Riley Paige restò immobile, scioccata da quello che vedeva. Davanti a lei, sul suo letto c’era una manciata di ciottoli, che non avrebbero dovuto essere lì. Qualcuno doveva essersi intrufolato in casa sua, per posizionarli, qualcuno che intendeva certamente farle del male.
Capì all’istante che i sassolini erano un messaggio e riconobbe la firma di un vecchio nemico, che le stava facendo sapere di non essere morto.
Peterson è vivo.
Sentì il suo corpo tremare al solo pensiero. Lo aveva sospettato a lungo ed ora ne era assolutamente certa.
Ma ora c’era qualcosa di peggio: era entrato in casa sua. Questo pensiero le fece venire voglia di vomitare. Ma era ancora lì ora?
La paura le mozzò il respiro. Riley era consapevole di non essere in grande forma.
Nelle ultime ore era già sopravvissuta ad un terrificante incontro con un killer sadico e ne portava ancora i segni: la testa era fasciata, aveva graffi ovunque sul corpo.
Sarebbe stata in grado di affrontare Peterson, se si fosse trovato all’interno della sua casa?
Riley mise immediatamente mano alla fondina della pistola ed estrasse l’arma. Con mani tremanti, si avvicinò all’armadio e lo aprì. Non c’era nessuno all’interno. Controllò sotto il letto. Anche lì nulla.
La donna restò lì, costringendosi a pensare con lucidità. Era rimasta in camera da letto da quando era rincasata? Sì, aveva riposto la fondina sul comò vicino alla porta.
Ma non aveva acceso la luce, e non si era nemmeno guardata intorno. Era semplicemente entrata, aveva poggiato l’arma sul comò, poi era andata in bagno, a indossare la camicia da notte.
Il suo nemico poteva essere rimasto nascosto in casa per tutto il tempo?
Dopo che lei ed April erano tornate a casa, avevano chiacchierato e guardato la televisione fino a notte fonda.
Poi, la figlia era andata a letto. In una casa piccola come la sua, restare nascosti richiedeva un’incredibile abilità. Ma non poteva escludere questa possibilità.
Poi, una nuova paura la assalì.
April!
Riley afferrò la torcia che teneva sul comodino. Con la pistola nella mano destra e la torcia in quella sinistra, uscì dalla camera da letto e accese la luce del corridoio. Non sentendo nessuno strano rumore, corse verso la camera di April e aprì la porta. La stanza era immersa nel buio.
Riley accese la luce centrale.
La ragazza era già a letto.
“Che cosa succede, mamma?” April chiese, strizzando gli occhi, sorpresa.
La madre entrò nella stanza.
“Non alzarti dal letto” le raccomandò. “Resta dove sei.”
“Mamma, mi stai spaventando” April rispose con voce tremante.
Non poteva farne a meno, pensò Riley, che era a sua volta molto spaventata. Ed April aveva tutti i motivi di esserlo quanto lei.
Raggiunse l’armadio di April, puntò la torcia e controllò all’interno: nulla. Neppure sotto il letto della figlia c’era la minima traccia.
Che cosa doveva fare ora? Controllare ogni nicchia ed ogni angolo della casa, pensò.
Riley sapeva quello che il vecchio partner, Bill Jeffreys, avrebbe detto. Dannazione Riley, chiama aiuto.
Di solito cercava di fare le cose da sola e questo aveva sempre fatto infuriare Bill.
Ma stavolta, avrebbe seguito il suo consiglio. Con April in casa, Riley non poteva fare diversamente
“Metti un accappatoio e un paio di scarpe” disse alla figlia. “Ma non lasciare questa stanza — non ancora.”
Riley tornò nella propria camera e prese il telefono dal comodino. Digitò il numero della linea diretta dell’Unità d’Analisi Comportamentale. Non appena sentì una voce in linea, sibilò: “Sono l’Agente Speciale Riley Paige. Qualcuno si è introdotto in casa mia. Potrebbe essere ancora qui. Ho bisogno di supporto prima possibile.” Pensò per un secondo, poi aggiunse: “E mandate la scientifica.”
“Provvediamo immediatamente” fu la secca risposta.
Riley interruppe la telefonata, e uscì di nuovo nel corridoio. Ad eccezione delle due camere da letto e del corridoio, la casa era ancora buia. Peterson poteva essere ovunque, nascosto, in attesa di attaccare. Quell’uomo l’aveva colta di sorpresa una volta ed era quasi morta per mano sua.
Riley iniziò ad ispezionare la casa con efficienza professionale: man mano che avanzava, accendeva le luci, tenendo sempre la pistola pronta a sparare, puntava la torcia in ogni angolo buio ed ispezionava ogni mobile.
Infine, alzò lo sguardo al soffitto del corridoio.
La botola sopra di lei portava alla soffitta ma occorreva abbassare la scala che conduceva al suo interno. Avrebbe osato salire lassù a dare un’occhiata?
In quel momento, Riley sentì le sirene delle auto della polizia e sospirò di sollievo.
L’Agenzia doveva aver allertato la polizia locale, il quartier generale era a più di un’ora di distanza da casa sua.
Andò in bagno, indossò un paio di scarpe e la vestaglia, poi tornò in camera di April.
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